Il pubblico ministero giapponese ha formalizzato l’incriminazione per Carlos Ghosn, ex-presidente del gruppo Nissan-Renault-Mitsubishi Motors, detenuto in un centro penitenziario a nord di Tokyo dal 19 novembre.
L’ex manager 64enne, noto per aver salvato al termine degli anni ’90 la casa automobilistica nipponica sulla soglia della bancarotta, è accusato di aver violato i regolamenti finanziari in tema di compensi e di altri illeciti finanziari per un periodo di almeno 5 anni, dal 2010.
Ma nella vicenda rischia di finire anche la casa automobilistica giapponese. Secondo alcuni analisti, è difficile che Nissan eviti le colpa, una volta che scoperto che altri dirigenti erano a conoscenza della cattiva condotta di Ghosn, o che alla società mancavano adeguati controlli interni.
“Normalmente, se si falsificano i documenti finanziari, le responsabilità vengono addebitata anche alla società oltre che all’autore del reato. E questo è prevedibile nel caso Nissan”, ha detto un noto avvocato ed ex procuratore Nobuo Gohara.
Nei giorni scorsi Ghosn ha continuato dal carcere a respingere le accuse a lui dirette sugli illeciti finanziari in cui sarebbe coinvolto, rifiutando di ammettere alcun tipo di violazione del suo operato. Secondo fonti investigative, il manager avrebbe escluso di poter fare qualsiasi tipo di ammissione che possa nuocere alla sua reputazione.
Ghosn è stato arrestato lo scorso 19 novembre con le accuse di aver sottostimato i suoi compensi per un periodo superiore ai 5 anni, per un importo pari a 44 milioni di dollari: successivamente è stato rimosso dal suo incarico di presidente della Nissan.
Il corrispettivo finanziario che non è stato dichiarato per otto anni – fino al marzo 2018 – ammonterebbe a circa 8 miliardi di yen, l’equivalente di 70 milioni di dollari, che si sommano ad altri 3 miliardi di yen riferiti ad altri illeciti, sotto accertamento dal pubblico ministero.