Preparati, competenti e capaci di apportare contenuti ed esperienze diverse sono i caratteri distintivi che hanno i consiglieri che oggi siedono nei cda delle 100 società per capitalizzazione quotate in Italia e che vedono una crescita della presenza femminile. Questa la fotografia che scatta Spencer Stuart, società internazionale nella ricerca di manager e consulenza in risorse umane, che annualmente redige il Board Index Spencer Stuart sulle caratteristiche e il funzionamento dei consigli di amministrazione delle prime 100 società quotate in Italia.
Un moderno cda oggi deve avere due pilastri: governance e sostenibilità nel tempo, come afferma Chiara Lupo, consulente della Board advisory services practice Emea di Spencer Stuart.
Un gruppo di persone chiamato a dialogare, analizzare, supportare, prendere decisioni in un contesto che cambia sempre più rapidamente. Necessario quindi avere un elevato livello di preparazione, competenze e strumenti, e disponibilità di tempo. La ‘nuova frontiera’ della governance in Italia – aggiunge Lupo – passa attraverso alcuni accorgimenti applicati già a livello internazionale come la possibilità per i consigli di amministrazione uscenti di presentare in assemblea la propria lista, la non contemporanea scadenza del mandato del Consiglio (cosiddetta staggered board) oltre ad una valorizzazione in un’ ottica costruttiva dell’autovalutazione annuale del cda, anche attraverso l’utilizzo di strumenti di approfondimento come la cosiddetta Peer Review. Secondo Lupo nei cda è diventato sempre più importante “che i consiglieri siano preparati, abbiano competenze e strumenti, che possano dedicare tempo e contribuire attivamente, portando contenuti ed esperienze diverse”. Negli anni poi sono cresciute le donne ma, sostiene Lupo dovrebbero crescere anche gli altri fattori di diversità all’interno dei consigli.
Grazie alla legge 120 del 2011, le donne sono passate dal 5% delle cariche ricoperte nel 2010 al 32,3% del 2017, anche se solo il 9% di loro ha incarichi esecutivi e poche (38%) hanno un background manageriale, perché vantano soprattutto esperienza come professioniste o accademiche (44%).
Note dolenti nei cda? Pochi consiglieri indipendenti – la media italiana è del 50% contro il 70% di quella europea – troppi incarichi dei membri del board – in media 3,2, con picchi dei presidenti che arrivano a 3,6 incarichi – poca internazionalizzazione – solo un consigliere su 10 non è italiano – e la mancanza di un limite di età per la nomina per le figure del presidente, dell’ad e dei consiglieri.