Si addensano le nubi sull’economia cinese, le cui prospettive economiche appaiono sempre più deteriorate, complice la guerra commerciale in corso con gli Stati Uniti.
Il rallentamento della seconda economia più grande al mondo è stato certificato oggi dalla Banca Mondiale, che per il 2018 si aspetta un rallentamento del Pil al 6,5%, la performance più debole da 28 anni. Un ulteriore calo è previsto nel 2019 quando le stime indicano una crescita del 6,3%.
A complicare la situazione contribuisce l’erosione costante dalla fiducia dei manager delle società che operano nel paese. Secondo un sondaggio, reso noto oggi da Deloitte, l’82% degli intervistati ha dichiarato che le loro prospettive economiche sul paese sono diventate meno ottimistiche. Ciò ha segnato un cambiamento significativo rispetto al sondaggio precedente, in cui solo il 30% dichiarava una view negativa.
“C’è stato un forte cambiamento nel sentiment”, ha detto William Chou, managing partner nazionale del programma CFO di Deloitte China, in un comunicato che annuncia i risultati, citando tra le cause di questo peggioramento la mancata risoluzione del conflitto tariffario in corso tra Pechino e Washington e la Cina mercati azionari in difficoltà.
Il sondaggio ha inoltre rilevato che il 59% degli intervistati pensa che i volumi degli scambi diminuiranno nel prossimo anno, mentre il 56% afferma che le loro società sono già state o si aspettano di essere influenzate dall’aumento delle tariffe.
Alla domanda su quali paesi o regioni trarrebbero beneficio dall’evoluzione dei modelli commerciali, il 53% dei dirigenti ha infine dichiarato che è il Sud-Est asiatico l’area che vedrà il maggiore aumento dei volumi di esportazione, ma solo il 9% sceglie la Cina.
Deloitte ha condotto il sondaggio tra settembre e novembre tra 108 dirigenti che lavorano presso multinazionali che operano in Cina, Hong Kong e Macao. Il 69% degli intervistati ricopre il ruolo di direttore finanziario, mentre l’8% è vicepresidente.