“L’euro è irreversibile”: questo è sempre stato il mantra della Bce nei momenti di massima crisi della moneta unica. Del resto, i trattati non prevedono alcuna procedura di uscita dall’euro, proprio per evitare che si sollevino problemi di fiducia sulla solidità dell’area valutaria. Eppure, ora è un ex economista dell’Eurotower a riaprire la questione, ribaltando l’assioma dell’irreversibilità e ammettendo che l’ipotesi di uscita dall’euro potrebbe essere contemplata. Quando? Nei casi in cui le regole di bilancio pubblico vengano deliberatamente violate.
Lo ha detto Otmar Issing, ex capo economista della Banca centrale europea ed ex membro del suo Consiglio direttivo. Intervistato dal giornale Der Tagesspiegel, Issing ha sostenuto che l’euro “può sopravvivere solo se tutti i Paesi rispettano i propri impegni (…) Finora, non è prevista l’uscita di un paese dall’unione monetaria, in quanto l’adesione è considerata irreversibile, ‘eterna’, per così dire”. Ma non sarebbe la condizione più desiderabile, in alcuni casi. “Se i conflitti diventano estremi a causa della cattiva condotta di un paese o di più paesi, la questione del ritiro [dall’euro] non può più essere un tabù“, ha dichiarato l’illustre economista.
Questo pensiero ha una relazione esplicita con l’attuale condotta del governo italiano, intenzionato a restare nell’euro, ma deciso a sforare le regole di bilancio sulla spinta del suo consenso elettorale. L’Italia, ha affermato Issing, “non solo viola gli impegni che il paese ha assunto con la Commissione europea, ma gongola anche della sua deliberata violazione delle regole“.
Seguendo il ragionamento di Issing, le autorità europee dovrebbero prendere in condizione l’ipotesi di estromettere dall’euro (o quantomeno sollevare tale minaccia) per tutti i Paesi che intendano beneficiare della moneta unica senza preoccuparsi dell’equilibrio della politica economica.
L’idea, con ogni evidenza, è che gli investitori si posizionino scontando il rischio concreto di uscita dall’euro, anche per volontà delle autorità Ue. Il risultato sarebbe un controllo più efficace sul rispetto delle regole Ue, guidato dalla “razionalità” dei mercati in fuga dal rischio Italexit.