Alla fine dal 1° gennaio 2019 è diventato operativo l’adeguamento alla speranza di vita sull’accesso alla pensione anticipata e a quella di vecchiaia, previsto dalla legge attualmente vigente.
Il governo giallo-verde aveva promesso di evitare questo adeguamento che significa aumento dei requisiti per andare in pensione ma, come scrive Il Giornale, i tecnici avevano informato chi di dovere che il dl sarebbe dovuto essere approvato entro il 31 dicembre, ma così non è stato.
Dunque ora non basterà cancellare l’aumento, ma l’esecutivo dovrà ridurre di cinque mesi l’adeguamento che nel frattempo è diventato operativo.
Cosa significa? In sostanza per l’accesso alla pensione anticipata, se fino al 31 dicembre si poteva smettere di lavorare a 42 anni e 10 mesi di contributi (uno in meno per le donne), ora invece servono 43 anni e 3 mesi. Lo stesso dicasi per la pensione di vecchiaia che fino al 31 dicembre era riservata a chi raggiungeva i 66 anni e 7 mesi di età (e 20 di contributi), mentre oggi occorrono 67 anni.
Storia identica per la pensione dei lavoratori precoci: la legge ha fatto scattare il primo gennaio l’aumento di cinque mesi (da 41 anni a 41 anni e 5 mesi) il limite per chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni. Il governo avrebbe voluto evitare questi adeguamenti, ma non ha ancora approvato il decreto legge (dovrebbe arrivare settimana prossima).
Nel frattempo mancando il decreto legge che introduce Quota 100, si rischia di far tardare anche l’erogazione dei primi assegni. Lo scrive oggi il Corriere della Sera secondo cui il ritardo potrebbe generare problemi gestionali importanti, che andrebbero a coinvolgere l’INPS e allarga allo stesso tempo il bacino di persone che potrebbero accedervi.