Economia

Boldrin: Quota 100 e Reddito di cittadinanza “spese dissennate”

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Michele Boldrin, professore di economia alla Washington University di St. Louis, è da sempre uno dei più tenaci avversari del “vittimismo” italiano nei confronti dell’Europa. In un’intervista rilasciata a Money.it, lo studioso ha cercato di smontare la logica che sostiene gli ultimi provvedimenti economici del governo gialloverde. Tra questi l’economista noto per l’esperienza politica diretta in Fare per fermare il declino nel 2013, cita Quota 100 e il Reddito di cittadinanza.

Secondo il professor Boldrin l’assistenza alle pensioni anticipate così come il reddito di cittadinanza ricade sulle spalle della parte produttiva del Paese. In particolare sul sussidio fortemente voluto dal MoVimento 5 Stelle, il professore ritiene che esso crei un “incentivo nelle persone altrimenti in grado di lavorare per rimanersene là dove il lavoro non c’è”.

Finiranno per “rifiutarsi di apprendere un lavoro utile, muoversi a diventare produttivi perché si vivacchia mentre si aspetta l’assegno mensile e si fa finta di andare ai corsi di formazione”. Sarebbero questi i “costi sociali di questa politica di spesa. Una spesa dissennata che non fa che alimentare assistenzialismo e taglia invece i fondi a istruzione e sanità”, ha dichiarato Boldrin.

Più che il debito pubblico e della sua riduzione, il professore ritiene che la priorità economica sarebbe razionalizzare la spesa pubblica: “La spesa pubblica italiana è fatta per dare stipendi a persone a cui spesso non viene richiesto di offrire servizi in cambio”. Questo avviene “poiché non vi sono sistemi di controllo”. E i vari governi si sono “rifiutati di introdurre misure di valutazione di meritocrazia”.

Il problema numero uno – aggiunge Boldrini – non è tagliare il debito. “Certo, smettere di farlo crescere sarebbe un grandissimo passo avanti”. Tuttavia è meglio occuparsi di “razionalizzare la spesa pubblica per un enorme impatto di crescita”.

UE non ha grandi colpe: declino per inefficienze interne

Interrogato sulle possibili colpe dell’Unione Europea, Boldrin non ha riscontrato vere ragioni per lamentarsi. Da sempre, infatti, il professore ritiene che all’origine del declino italiano ci siano condizioni dettate da inefficienze “interne”. Il contesto del diritto europeo non sarebbe, insomma, corresponsabile dell’afasia di cui soffre da decenni l’economia italiana.

Mentre i partiti euroscettici hanno ormai conquistato un saldo consenso in Italia, però, la maggioranza degli italiani desidera restare nell’euro. Una posizione intrinsecamente contraddittoria (che già si era vista in Grecia).

“In Italia i sentimenti confusi nei confronti dell’Europa Unita e della moneta unica sono cosa nota”, spiega Boldrin, “Il problema del nostro Paese è una sorta di infantilismo politico-culturale: non ha voglia di rimboccarsi le maniche, si lamenta dell’Europa ‘cattiva’ ma, esattamente come un bambino nei confronti del genitore, cerca di ribellarsi ma ha paura di lasciare la sua mano”.