Su un totale di 52 domeniche gli esercizi commerciali potranno decidere di tenere aperto per un massimo di 26 giorni, in base alle esigenze e ai picchi di afflusso, come il periodo dei saldi o periodi di maggior turismo, mentre delle 12 festività annuali sono 4 i giorni in cui si potrà tenere aperto.
I 4 giorni di apertura saranno scelti dalle Regioni così anche i centri storici e i negozi “di vicinato” potranno rimanere aperti tutto le domeniche dell’anno, eccetto le festività. Questo il contenuto della proposta di legge sulle chiusure domenicali delle attività commerciali, frutto dell’accordo tra Lega e M5S, arrivata in Commissione Attività Produttive alla Camera.
Per le attività commerciali che violeranno le nuove norme sono previste sanzioni amministrative da 10mila a 60mila euro, con raddoppio in caso di recidiva. Resteranno sempre aperte una serie di attività come:
- rivendite di generi di monopoli
- negozi nelle stazioni
- rivendite di giornali
- rosticcerie
- pasticcerie
- gelaterie
- negozi di fiori e articoli da giardinaggio, mobili, libri, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d’arte, oggetti d’antiquariato, stampe, cartoline, articoli da ricordo e artigianato locale.
- stazioni di servizio autostradali
- sale cinematografiche
- autosaloni
- esercizi commerciali nei parchi divertimento, negli stadi e nei centri sportivi.
“Un inconcepibile ritorno al Medioevo!” questo il commento di Giorgio Santambrogio, AD del Gruppo VéGé, una cooperazione della grande distribuzione, il primo gruppo della GDO nato in Italia)
“In un momento in cui l’Italia è in recessione e bisognerebbe trovare delle soluzioni che aiutino la ripresa economica, lo scenario che si prospetta con questa bozza di legge risulta discriminante per alcune categorie, perché non garantisce il mantenimento della pluralità commerciale, creando una conseguente disparità nei confronti delle grandi superfici, che vengono maggiormente penalizzate. Se da una parte infatti questo testo potrebbe tutelare i piccoli negozianti dall’altra affossa completamente il comparto della grande distribuzione che nel weekend genera il grosso del fatturato della settimana. La chiusura domenicale comporterebbe un calo dei consumi di oltre 4 miliardi di euro, con un conseguente taglio dei dipendenti. I posti di lavoro a rischio, per l’intero settore, sarebbero intorno ai 30 mila: gli esuberi non riguardano soltanto i lavoratori nel commercio al dettaglio ma anche tutto l’indotto tra ingrosso e ristorazione; basti pensare alle cause del minore afflusso di clienti nelle aree dello shopping all’interno dei centri commerciali. Questo comporterà anche ad un cambiamento delle abitudini di acquisto dei consumatori favorendo naturalmente l’e-commerce che già registra un incremento del 13% rispetto al dettaglio “fisico”, in calo dello 0,1%. È corretta la chiusura durante le festività regolamentata attraverso un piano nazionale ma è quanto mai anacronistico pensare di chiudere i punti vendita nelle domeniche in quanto si scontenta sia domanda che offerta”.