Sparita tutta la documentazione societaria delle cooperative fallite al fine di nascondere i mancati versamenti delle imposte e le fatture per operazioni inesistenti. Questa l’accusa mossa dal procuratore Giuseppe Creazzo e dall’aggiunto Luca Turco che ha portato agli arresti domiciliari per i genitori dell’ex premier Matteo Renzi.
L’inchiesta ricostruisce nei dettagli l’attività di Laura Bovoli e Tiziano Renzi a partire dal 2009, anno in cui fu fondata la Delivery.
Dalla annotazione della Guardia di finanza del 5 luglio 2018 emerge che la Delivery è risultata in regola con la presentazione delle dichiarazioni fiscali soltanto per il periodo d’imposta 2009 (volume d’affari conseguito € 370.818,00 e bilancio d’ esercizio regolarmente presentato). Per i periodi d’imposta 2010 e 2011 (ossia gli ulteriori periodi in cui risulta accertato che ha svolto attività d’impresa), la cooperativa ha omesso di presentare le dichiarazioni ai fini Ires, Iva e Irap.
Così si legge nel verbale del gip. Tra i soci costitutori ingaggiati per la costituzione fittizia delle cooperative amici, parenti e studenti.
Lavinia Tognaccini, che all’ epoca dei fatti era studente presso l’Istituto di Belle Arti, fu contattata da Tiziano Renzi, amico della sua famiglia e, nutrendo fiducia nell’uomo, si era recata su sua indicazione dal notaio senza chiedere particolari spiegazioni. Ettore Scheggi, che all’epoca dei fatti era neomaggiorenne, si è recato presso lo studio notarile su indicazione di Gioia Palai (deceduta), amica della madre. Cristina Carabot, nipote degli indagati Bovoli e Renzi, ha partecipato alla costituzione della cooperativa su richiesta di un uomo di cui non sapeva indicare le generalità, ha versato una somma per la costituzione della società ma non ricorda quanto (si tratta di 14.800 euro); di non aver mai svolto il ruolo di amministratore; di aver lavorato da casa per la predetta cooperativa ricevendo buste paga. Irene Fusai ha partecipato alla costituzione della cooperativa, ma non ha ricordato il nome della persona che le aveva fatto la proposta e di aver svolto “qualche lavoretto” per la società Chili della famiglia Renzi».
L’ex premier Matteo Renzi al Corriere della Sera ha espresso tutta la sua amarezza per la vicenda.
“Hanno messo al gabbio mia madre, di più non potevano fare. Ora loro hanno finito e inizio io. “Se anche i miei venissero condannati, e così non sarà, riceverebbero comunque una pena meno pesante dell’arresto, così dicono gli avvocati. E quindi perché metterli ai domiciliari? Solo per lo spettacolo mediatico. Tutta questa storia si rivelerà un boomerang”.