I ministri degli Affari europei degli stati membri dell’UE stanno mettendo pressione sulle autorità svizzere perché firmino l’accordo quadro sui rapporti commerciali. Altrimenti minacciano di privare la Svizzera dell’accesso al mercato comune.
Alcuni stati come la Germania, per la verità, sperano che non si debba arrivare fino a quel punto. E che prevalga il buon senso. Anche perché i due blocchi sono partner economici privilegiati, con un’elevata interdipendenza sia sotto il piano commerciale sia in termini di investimenti.
I toni Ue non sono troppo concilianti, tuttavia. Privare Berna dell’accesso al mercato europeo e lasciare alla Commissione libertà di decidere sulle tappe da seguire. Sono le minacce lanciate con la decisione adottata ieri a Bruxelles dai ministri degli Affari europei nelle loro “conclusioni sui rapporti con la Svizzera“.
È un esercizio diplomatico già visto. Conclusioni di questo genere vengono adottate ogni due anni. In questo caso il rapporto doveva essere terminato a dicembre, ma è stato rinviato a ieri per via di negoziati più lunghi del previsto. Il messaggio che viene mandato alla Svizzera è chiaro e non è completamente negativo.
Ultimatum e condizioni UE alla Svizzera
In tutta una serie di settori come l’immigrazione e la cooperazione internazionale, ma persino sulla tanto discussa fiscalità, l’Unione Europea tende una mano alla Svizzera. Ma la strategia è quella del bastone e della carota. In caso di rifiuto a firmare l’accordo quadro, le conseguenze saranno pesanti.
Sottolineando che i colloqui hanno portato a soluzioni “eque ed equilibrate”, i paesi del blocco a 28 si dicono “vivamente delusi” per il fatto che il Consiglio federale elvetico non abbia difeso il progetto. E ricordano a tal proposito che senza accordo quadro, sulla base del testo attuale “l’accesso al mercato verrà negato”.
Insomma, quello dell’UE è il più classico degli ultimatum. Viene chiesto di abrogare alcune misure svizzere riguardanti il mondo del lavoro. Come per esempio quella sull’accompagnamento per i lavoratori europei e il ritorno della direttiva comunitaria sui diritti e i contributi per i cosiddetti “lavoratori distaccati”.
Per lavoratore distaccato si intende un qualsiasi lavoratore Ue che lavori abitualmente all’estero e che fornisca le proprie prestazioni di lavoro, per un periodo limitato, nel territorio della Svizzera.
Divisioni su lavoratori distaccati e libera circolazione persone
Al punto 13 si dice espressamente che la Svizzera è chiamata a “recepire il pertinente acquis dell’UE, in particolare nel settore del distacco dei lavoratori, e ad abrogare o adattare le misure di accompagnamento che la Svizzera applica agli operatori economici dell’UE che forniscono servizi sul suo territorio, in linea con i principi di proporzionalità e di non discriminazione dell’UE”.
Nello specifico, il Consiglio si dice rammaricato “della decisione presa dalla Svizzera il 7 dicembre 2018 di prorogare, oltre il periodo iniziale di due anni, le misure transitorie per i lavoratori dipendenti e autonomi croati e, di conseguenza, invita la Svizzera a valutare la riduzione del periodo di applicazione di dette misure transitorie”.
Il Consiglio esprime inoltre ancora una volta la sua preoccupazione per “l’attuazione incoerente di taluni accordi” e “per l’applicazione da parte della Svizzera di successive misure e prassi legislative incompatibili con tali accordi, in particolare con l’accordo sulla libera circolazione delle persone“.