Mentre un filing inviato sabato scorso alla Sec (la Consob statunitense) rende noto che Cassa Depositi e Prestiti è salita all’8,7% del capitale di Tim contro il 7,1% dell’ultima comunicazione, si affilano le armi in attesa del cda del 29 marzo.
Da una parte i primi azionisti di Tim sono i soci francesi di Vivendi (24%), dall’altra il fondo Usa Elliott che ha espresso la maggioranza del consiglio di amministrazione nell’ultima assemblea, anche grazie al supporto della Cassa depositi e prestiti. Negli ultimi giorni i francesi hanno spinto i sindaci di TIM a scrivere una lettera ad Elliott puntando il dito contro il presidente Fulvio Conti nominato dagli americani. L’accusa verso Conti è quella di “non aver fornito le medesime informazioni a tutti i consiglieri nello stesso momento e che talune informazioni siano state fornite solo ad alcuni consiglieri e segnatamente solo a quelli eletti nella lista presentata da Elliott” come riporta Repubblica.
Così Vivendi ha denunciato un “consiglio d’amministrazione ombra” composto dai soli membri in quota del fondo speculativo.
“Le irregolarità nella governance di Telecom Italia evidenziate dal report del Collegio Sindacale rafforzano la volontà di Vivendi di richiedere il ritorno ad un Consiglio di Amministrazione più equilibrato”.
Così chiedono i francesi. Oggi la risposta di Elliott che crede non sia possibile sostenere i candidati proposti da Vivendi, che non sono autenticamente indipendenti.
Vivendi si è rifiutata di intrattenere con Elliott un dialogo costruttivo, si è opposta lo scorso anno alla giustificata revoca delle deleghe all’Amministratore Delegato Amos Genish, da Vivendi stessa sostenuto, e ha ripetutamente minacciato incessanti battaglie assembleari finché non sarebbe riuscita a riguadagnare il controllo della Società. Tutto questo è coerente con il consolidato disprezzo per le più elementari regole di corporate governance che caratterizza Vivendi e il suo azionista di controllo Vincent Bolloré. Elliott crede che non sia possibile sostenere i candidati proposti da Vivendi, che non sono autenticamente indipendenti, e che un voto in loro favore semplicemente riconsegnerebbe il controllo della Società a un Gruppo che si caratterizza per dimostrati conflitti di interessi, operazioni con parti correlate e una lunga storia di distruzione di valore per gli azionisti di TIM. Elliott crede che sia il momento di dare a TIM e al suo Consiglio di Amministrazione indipendente stabilità e spazio di manovra per portare avanti la sua strategia, per arrivare a quella riorganizzazione di cui c’è gran bisogno e per arrivare in modo sostenibile alla creazione di valore per gli azionisti. È ora che TIM si lasci alle spalle la dannosa gestione del passato e ribadisca la sua decisione di guardare con fiducia al futuro. È ora che TIM diventi, come afferma il suo nuovo Amministratore Delegato, “una società normale”.