Le operazioni compiute via smartphone sono spesso oggetto di raccolte dati: l’obiettivo, solitamente, è la profilazione a fini pubblicitari. Uno uno studio dell’Università della California, Berkeley, aveva fornito alcune evidenze interessanti su quanto siano diffuse le trasmissioni dei dati personali a siti di tracciamento terzi (come Google Analytics, Facebook Graph API, Crashlytics).
Emerge che sette app su dieci condividono dati personali che includono la geolocalizzazione e molte altre informazioni inserite “online”.
Se il 70% “si connettono ad almeno un tracker” il 15% ne collegano cinque o più. Una particolare app sviluppata dai ricercatori dell’Università, Lumen, è in grado di mostrare quali applicazioni condividono dati personali. “Più di 1.600 persone che hanno utilizzato Lumen da ottobre 2015 ci hanno permesso di analizzare oltre 5.000 app”, avevano scritto gli autori, Narseo Vallina-Rodriguez e Srikanth Sundaresan.
“Abbiamo scoperto 598 siti Internet che probabilmente stanno monitorando gli utenti a scopi pubblicitari, inclusi servizi di social media come Facebook, grandi aziende di Internet come Google e Yahoo e società di marketing online sotto l’egida di provider di servizi Internet come Verizon Wireless”.
Privacy violata, dati utenti spediti oltre confine
“I servizi di terze parti sono parte integrante dell’ecosistema mobile: questi servizi consentono agli sviluppatori di app di aggiungere funzionalità (…), e per monetizzare le loro app abilitando il tracciamento degli utenti e la consegna degli annunci pubblicitari mirati”, spiegano gli autori dello studio.
Una vera sfida è costituita dal fatto che i dati spesso vengono “spediti” oltre i confini nazionali dell’utente, e ad essi viene applicato il trattamento prescritto in “paesi con leggi sulla privacy discutibili”.
“Oltre il 60% delle connessioni ai siti di tracciamento (come Google Analytics) viene effettuato su server negli Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Singapore, Cina e Corea del Sud – sei paesi che hanno implementato tecnologie di sorveglianza di massa”, scrivono gli autori.
“Le agenzie governative in quei luoghi potrebbero potenzialmente avere accesso a questi dati, anche se gli utenti si trovano in paesi con leggi più severe sulla privacy come Germania, Svizzera o Spagna”.