Circa 156 miliardi di euro versati dal 2012 ad oggi da famiglie e imprese per Imu e Tasi. Lo rivela l’Ufficio studi della CGIA che ha messo in linea il gettito delle due imposte sulla casa registrato nel 2012, anno in cui l’allora Governo Monti reintrodusse l’imposta sulla prima casa, e quello degli anni successivi, fino ad arrivare al 2018.
Se con l’abolizione della Tasi sulla prima casa i proprietari hanno risparmiato 3,5 miliardi di euro all’anno, invece sugli immobili strumentali il passaggio dall’Ici all’Imu ha visto raddoppiare il prelievo fiscale. Tra il 2011, ultimo anno in cui è stata applicata l’Ici e il 2018 il gettito è passato da 4,9 a 10,2 miliardi di euro. A livello territoriale il maggiore prelievo Imu-Tasi si verifica in Valle d’Aosta: nel 2018 il gettito pro-capite è stato pari a 712 euro, contro una media nazionale di 348 euro. Particolarmente sostenuto anche il gettito pro capite presente in Liguria (583 euro), in Trentino Alto Adige (499 euro) e in Emilia Romagna (436 euro). Come segnala il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo:
Fino a qualche anno fa l’acquisto di una abitazione o di un immobile strumentale costituiva un investimento. Ora, in particolar modo chi possiede una seconda casa o un capannone, sta vivendo un incubo. Tra Imu, Tasi e Tari, ad esempio, questi edifici sono sottoposti ad un carico fiscale da far tremare i polsi”.
E il 2019 come sarà? Lo dice il segretario della CGIA, Renato Mason e le sue parole non fanno sperare in nulla di buono.
“Il 2019 sarà un anno difficile e di sfida, ma l’Italia può farcela se applicherà la ricetta per la crescita, ovvero meno spesa pubblica e meno tasse. Per ammortizzare la frenata del Pil bisogna assolutamente evitare l’aumento dell’Iva. Cittadini e imprese non possono più pagare il conto dell’incapacità della politica di affrontare con decisione una volta per tutte il tema della razionalizzazione delle uscite totali”.