L’Italia potrebbe essere sull’orlo d una recessione permanente caratterizzata da una spirale del debito pubblico andare fuori controllo. Lo sostiene Jack Allen, economista senior per l’Europa di Capital Economics.
Citato dal Telegraph inglese in un articolo che porta la firma della corrispondente di economia Anna Isaac, Allen dice che una situazione simile metterebbe in pericolo il futuro dell’intera area euro. Nei prossimi dieci anni la terza potenza economica della regione sperimenterà un PIL sulla parità nella migliore delle ipotesi”.
Non sono buone notizie per un paese che da vent’anni non cresce più dello zero virgola. “In effetti, siamo convinti che l’Italia si arenerà in un periodo di ‘perma-recessione’ dal quale non c’è una via di fuga chiara.” Tra le economie industrializzate del mondo, sarebbe un fenomeno senza precedenti.
L’Italia è appena entrata in una recessione tecnica, la terza in un decennio. Ma la speranza del governo Conte è che le misure inserite nell’ambiziosa manovra finanziaria sian in grado di rilanciare l’attività economica dopo il magro +0,1% del PIL previsto per il 2019.
“Bce ha messo il QE in cantina troppo presto”
Nella sua analisi l’economista punta il dito anche contro la Bce. Si cita tra i motivi alla radice della crisi, due trimestri consecutivi di contrazione del Pil – una miscela tossica di rapido invecchiamento della popolazione e uno schema di politiche monetarie inadeguate ai suoi bisogni economici. Tutto ciò getterà le basi per una “stagnazione a lungo termine“.
La Bce ha lasciato che la deflazione si manifestasse e ora è diventata uno spettatore quasi impotente. Mario Draghi non ha più gli strumenti monetari e l’autorità politica per lanciare un altro salvagente all’area euro. Il banchiere, il cui mandato scade a fine anno,. ha fatto sapere che per raggiungere gli obiettivi di crescita e inflazione l’istituto è pronto a reagire se sarà necessario.
Il problema è capire di quali strumenti parla. Se lo chiede per esempio Ashoka Mody, ex vice direttore del Fondo Monetario Internazionale in Europa. “A parte le dichiarazioni a effetto, la Bce non ha nulla da offrire“. Hanno ritirato il QE troppo presto, osserva sul Telegraph James Ferguson, esperto di politica monetaria di MacroStrategy. “I guai dell’economia non sono sistemati e neppure quelli delle banche neppure”.
“Le possibilità di una spirale deflativa sono aumentate enormemente” e Draghi lo sa, anche se non lo può ammettere. La Bce è stata costretta a mettere in cantina il Quantitative Easing, un programma di acquisto di Bond per iniettare liquidità nel sistema a secco. Lo ha fatto prima dei tempi per via della pressione esercitata dalla Germania e dal blocco dei paesi teutonici e virtuosi.
I motivi, secondo l’editorialista Ambrose Evans-Pritchard sono prima di tutto politici. Vanno ricercati nel carattere disfunzionale dell’Europa con la sua unione monetaria ancora incompleta e con le fobie della Germania sull’inflazione e sulla condivisione dei rischi legati al debito.
Per risollevare le sorti dell’Eurozona ci vorrebbe un piano di ‘helicopter money’ o di QE della gente. Nelle condizioni attuali Draghi dovrebbe “iniettare questi soldi nelle vene dell’economia reale per tirare fuori l’Europa dal vortice deflativo”. Si tratterebbe, sottolinea l’opinionista con 30 anni di esperienza, di “una violazione del trattato di Lisbona“. L’iniziativa non vedrà mai la luce anche perché “farebbe scoppiare una tempesta nella Corte costituzionale tedesca”.