Una Fiat avviata verso il rilancio e verso il pareggio di bilancio (arriverà quest’anno, ha promesso l’ad Morchio) ma che, almeno per un po’ di tempo non potrà contare a tempo pieno su Umberto Agnelli il quale «sta lottando con determinazione contro il male». Una notizia terribile, gestita con pudore e con la riservatezza tipica del Presidente della Fiat. Una notizia mitigata soltanto dalle indiscrezioni che indicano come «curabile» la malattia.
Non pochi interrogativi si aprono sul futuro del gruppo torinese. Sarebbe infatti molto facile immaginare che con il ‘dottore’ impegnato nelle cure vi possa essere un graduale disimpegno della dinastia torinese dalle sorti del Lingotto. Non è così, però. E non sarà così, perché la Fiat disegnata da Umberto Agnelli già prima che si annunciassero i sintomi del tumore, sembra prescindere dalla presenza costante di un Agnelli al vertice. La Fiat pensata dal ‘dottore’, infatti, presuppone sia un azionista forte, cioè la Giovanni Agnelli e C. (la finanziaria cui fanno capo tutti i discendenti degli Agnelli e che detiene tramite Ifi e Ifil il 30,2% delle azioni Fiat) sia squadra di manager altrettanto forti.
Umberto Agnelli ha insomma pensato alla Ford o alla Peugeot, tanto per fare due esempi, per la sua nuova Fiat. E cioè un’azienda in cui gli azionisti storici, fondatori, restano tali o al limite riducono le loro partecipazioni, rinunciando però al ruolo di protagonisti.
L’identificazione automatica Fiat-Agnelli, quindi, potrebbe gradualmente diminuire non per un disimpegno, ma per una mutazione del ruolo dell’azionista nella struttura aziendale. Anche per questo motivo Umberto Agnelli avrà il tempo, e il tifo sincero di tutti, per curarsi e cercare di guarire senza che tutto ciò ricada sulla Fiat. Ed ecco perché martedì scorso, durante l’assemblea degli azionisti, non aveva i toni drammatici che ci si attenderebbe da notizie così gravi.
Oltretutto, nel riprogettare la Fiat, Umberto Agnelli ha dovuto tener conto della necessità di far crescere i giovani eredi della dinastia. A meno di non voler caricare di eccessive responsabilità il figlio Andrea (28 anni) o i nipoti Jaki (28 anni) o Lapo (26) Elkann ed essendo scomparsi immaturamente il figlio Giovannino e il nipote Edoardo, infatti, agli Agnelli manca proprio la generazione dei quarantenni o cinquantenni.
A partire dall’amministratore delegato Giuseppe Morchio in giù, c’è stato un quasi totale ricambio dei vertici con Demel all’ Auto, Alapont all’Iveco, Monferino in Cnh, tanto per fare qualche nome. Una squadra ‘forte’ scelta da Umberto Agnelli e concordata e suggerita da Morchio, quindi, in attesa che i giovani Agnelli maturino. Il che peraltro non vuol dire l’esclusione dalla Fiat di Jaki, Lapo Elkann o Andrea Agnelli.
In quest’ambito, Giuseppe Morchio sembra essere di sempre di più il Valletta della Fiat del futuro. Il carico di impegni, tra l’altro, con la malattia di Umberto Agnelli è cresciuto e crescerà ancora. Così come aumentò quello di Valletta nel 1946 quando, poco dopo la morte del Senatore Agnelli, con una Fiat disastrata dai bombardamenti e non solo, il ‘Professore’ fece da guida all’azienda e all’allora giovane Gianni Agnelli. E anche in quell’epoca gli Agnelli erano azionisti, anzi più di oggi.
La Fiat sembrerebbe aver imboccato una strada precisa: fare auto, camion, mezzi agricoli per tornare al più presto come ha chiesto Morchio a “produrre valore”, quindi utili.
Gli ostacoli a questa rinascita però non sono pochi e iniziano con i problemi dell’economia e del mercato che, soprattutto per l’auto, è sempre più difficile e combattuto. Altri nodi da sciogliere sono invece quelli delle due grandi questioni ancora aperte per Fiat: il prestito convertendo e la put option con General Motors.
Per quanto riguarda le banche è chiara la divergenza di opinioni tra Unicredito (che realisticamente o scientemente non disdegnerebbe la conversione in azioni Fiat del prestito) e le altre come Bnl che parrebbe contraria ad avere quote importanti in Fiat. In prudente attesa sarebbero invece Sanpaolo e Banca Intesa.
Qualcuno ha visto, però, nella posizione di Unicredit per il convertendo anche un evidente segnale di cambiamento degli assetti azionari della Fiat con la famiglia disimpegnata e le banche trasformate in costruttori di auto. Al momento le ipotesi sono tutte aperte ma è certo e va ribadito che gli Agnelli e i loro discendenti e parenti non paiono in uscita dall’azienda.
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