Bene la creazione dei posti di lavoro, superiore alle attese, male la crescita dei salari, deludente: sono questi in sintesi i due risultati più significativi che il mercato si trova a dover digerire dell’ultimo report occupazionale Usa. A giudicare dai dati, il rapporto governativo relativo a marzo 2019 non dovrebbe cambiare di molto le opinioni della Fed.
In ottica mercati, offre rassicurazioni. L’economista di Macro Research Neil Dutta osserva che “il mercato del lavoro americano è ancora in salute e che quindi conviene comprare azioni“. Del rapport Dutta piace soprattutto “l’incremento dello 0,7% nella creazione aggregata di posti settimanali”, mentre il maggior numero di ore lavorate ha influito negativamente sulla crescita più fiacca dei salari.
Nel dettaglio, gli Stati Uniti hanno creato 196 mila posti di lavoro nel periodo, più dei 177 mila attesi dal mercato. I numeri di febbraio sono stati ritoccati al rialzo a 33 mila da 20 mila.
La sorpresa in negativo ha riguardato invece i salari: le retribuzioni orarie sono state decisamente inferiori alle previsioni: la variazione è stata di un mero +0,1% contro il +0,3% stimato. Si tratta di un andamento più debole del +0,4% registrato il mese prima. Su base annuale il risultato è stato del 3,2%, una percentuale positiva ma più bassa del più 3,4% di febbraio e delle stime.
Dal 2013 dati hanno sempre rimbalzato con forza dopo una delusone
Detto questo, una delle ragioni principali del rialzo di febbraio è dovuta al calo delle ore settimanali lavorate (scese a quota 34,4). Il numero è tornato su valori mediamente più standard (34,5) a marzo. Questo conferma ancora una volta che per la Federal Reserve l’inflazione salariale potrebbe diventare un problema.
Ed è anche il motivo per cui dollaro e rendimenti obbligazionari Usa sono scivolati subito dopo la pubblicazione del report governativo. Il report è uno dei dati macro più importanti in chiave mercati, perché non solo offre uno spaccato della situazione del mercato del lavoro americano, ma anche di quelle che potrebbero essere le mosse della Fed.
Lato tasso di disoccupazione, il coefficiente è rimasto invariato a marzo al 3,8%, sui minimi storici (vedi grafico in fondo). L’economista di Bloomberg Wliza Winger scrive che il netto miglioramento dei numeri in marzo rispetto a febbraio ricalca quanto avvenuta in passato. Ossia che dopo un dato molto più deludente del previsto ne è arrivato uno positivo, migliore della attese e della media.
“Da quando la disoccupazione è scesa sotto la soglia del 7% a fine 2013 – dice l’economista – in cinque occasioni il tasso di assunzioni è sceso sotto quota 100 mila. La media nel mese successivo è stata di ben 250.000 posizioni aperte, e c’è stata soltanto un’occasione in cui è il dato rimasto sotto i 200.000 posto di lavoro creati”.