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Steve Eisman a WSI: “Nuovo big short? No, ma occhio alle banche”

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Schietto, acuto e al limite del brusco. Al Salone del Risparmio abbiamo solo 5 minuti con Steve Eisman (nella foto), colui che previde la crisi dei mutui subprime del 2008 e portfolio manager di Neuberger Bergman, ma cerchiamo di farli fruttare al meglio.

Anche perché Steve è algido ma mai banale, molto simile al protagonista di “The Big Short” (“La grande scommessa”, in italiano) e interpretato da Christian Bale. In centinaia in sala ad ascoltarlo e lui non li delude, regalando pillole come “Alan Greenspan? Poteva fermare la follia dei mutui subprime, ma decise di non farlo. Passerà alla storia come il peggiore presidente della Fed“.

Parole al miele per il governatore della BceMario Draghi, definito “meglio di Dio”, perché “Dio ci mise sei giorni a creare l’Universo. A Draghi sono bastate cinque parole per salvare l’euro”, riferendosi all’oramai famoso “We’ll do whatever it takes“.

Prossima crisi secondo Eisman?

Gli chiediamo se c’è un’altra grande scommessa che si sente di prevedere: “No – ci spiega – posso dire che il sistema finanziario è solido in questa fase. Lo dico per la prima volta in 30 anni che analizzo settori e società. Non vedo un altro “grande scommessa” in cui buttarsi“.

Ci sono tuttavia dei settori a cui bisogna stare attenti: “Ci sono piccole scommesse su cui sto shortando. Mi aspetto una semplice normalizzazione del credito che ancora non è avvenuta in 20 anni. Mi aspetto un calo per le banche canadesi e per il settore immobiliare, ma non in modo così grave come dieci anni fa. Sto andando short anche su alcune banche britanniche, a causa soprattutto delle Brexit“.

Il suo fondo, infatti, ha una posizione corta nei confronti di Barclays del valore di 455.000 dollari.  La posizione short si aggiunge a posizioni già note nei confronti di Lloyds Banking Group e Royal Bank of Scotland, rispettivamente del valore di 446.000 e 529.000 dollari.

Le banche italiane

Una battuta anche sul sistema bancario italiano: “Il sistema bancario italiano è meglio oggi di com’era in passato, grazie al lavoro di pulizia sui Non Performing Loans. Tuttavia se, ed è un grosso se, l’Italia ricadrà in una nuova recessione le banche italiane avranno grosse perdite. Come tutte le banche europee, sono costantemente sotto pressione da parte del regolatore sul livello di capitale”.

“Negli Stati Uniti gli istituti di credito vengono monitorati con modelli uniformi, soprattutto gli aspetti critici vengono testati velocemente, penso al capitale, alla liquidità. In Europa questo non accade, i modelli interni di rischio sono vari, in particolare sui Risk weighted assets. La differenza oggi tra le banche americane ed europee è proprio il livello della leva è molto più controllato di quanto non avvenga in Europa“.