Il Fondo monetario ritiene che il debito corporate sia fra i maggiori elementi di vulnerabilità per l’economia globale, in particolare in Cina e negli Stati Uniti. Questo aspetto, già affrontato dal Global Financial Stability report pubblicato a fine marzo dal Fmi, è stato ribadito da Tobias Adrian, direttore del dipartimento monetario e dei mercati dei capitali del fondo. “Siamo particolarmente preoccupati per il settore aziendale, dove la leva finanziaria è in aumento, gli standard di sottoscrizione e alcune tasche del settore aziendale si stanno svuotando”, ha dichiarato Adrian alla Cnbc.
“Gli strumenti prudenziali” per prevenire una leva finanziaria eccessiva per le società “non sono molto sviluppati”, ha avvertito Adrian: “nel settore bancario, c’è molto più capitale, molta più liquidità, ma una leva finanziaria [definita], la liquidità nel settore aziendale, invece, non è veramente regolamentata. Queste vulnerabilità si muovono lentamente, ma in caso di choc violenti sono potenziali meccanismi di amplificazione del loro impatto”, ha aggiunto Adrian.
Secondo i dati dell’Institute of International Finance il rapporto debito societario/ Pil delle imprese non finanziarie Usa si attestava al 73% del prodotto nazionale alla fine dello scorso anno, non lontano dal picco pre-crisi. Il Fmi ritiene che a livello globale che le vulnerabilità nel settore aziendale risultino elevate in paesi di grande importanza sistemica, che assieme rappresentano circa il 70% della crescita globale. (Nel grafico è possibile vedere i Paesi i cui rischi relativi a debito aziendale – nonfinancial firms – e sovrano sono maggiori).
Nel Global Financial Stability report, il Fmi aveva scritto:
“Il rapporto debito societario/Pil aggregato è a livelli storicamente elevati nelle economie avanzate” per questo il settore corporate è “vulnerabile a grandi scosse economiche o finanziarie. Sebbene i bilanci aziendali siano forti a sufficienza da poter sostenere un moderato rallentamento economico o un inasprimento graduale delle condizioni finanziarie, una significativa decelerazione della crescita degli utili o un forte restringimento delle condizioni finanziarie potrebbe portare a un notevole deterioramento nella qualità del credito aziendale. Una politica di allentamento anche se fatta in modo tempestivo, darebbe risultati con un ritardo in grado di compromettere un contrasto efficace all’allargamento improvviso e significativo dei premi per il rischio di credito”. E conclude il documento: “un indebolimento nelle aziende della qualità del credito influenzerebbe gli investitori attraverso perdite di credito dirette e aumento dello stress del mercato dovuto a potenziali declassamenti del rating, in particolare nel gruppo sovradimensionato di emittenti con rating BBB [cioè al livello appena al di sopra del rating ‘spazzatura’, Ndr.]”.