E’ abbastanza inutile discutere oggi se il nuovo establishment che sta prendendo forma in Italia sia o no all’altezza di quello del passato, se Fazio-Montezemolo-Galateri valgono Carli-Agnelli-Cuccia, se i nuovi leader hanno una visione per il paese, o fiutano solo il vento in cerca di vantaggi particolari. Non può esserci una risposta finché non li avremo visti alla prova, finché non avranno dimostrato di saper scalare le montagne di debiti, di perdite, di declini, che non sono tutte colpa del governo Berlusconi.
Dovranno dimostrare uno stile nuovo e più moderno, cominciando col non riempire i consigli di amministrazione (Fiat) di figli e famigli, col mettere nei board consiglieri indipendenti, col separare la proprietà dal management, col rinunciare a cumuli di cariche e prebende. Per esempio: sarebbe bello se Luca di Montezemolo, che oggi somma cinque presidenze (anche Fiera di Bologna, Fieg e Ferrari, oltre a Confindustria e Fiat) cominciasse col mollarne qualcuna.
Ma supponiamo solo per un momento che per una straordinaria combinazione di eventi, l’Italia stia trovando in questi giorni quella borghesia che le è sempre mancata. Una élite imprenditoriale moderna e avvezza a frequentare i mercati mondiali, capace di difendere i propri interessi ma anche di aggregare la parte più consapevole e reattiva del sistema produttivo. Un sistema finanziario giovane e ambizioso, memore dei limiti del recente passato e geloso della propria autonomia.
Supponiamo, in altre parole, che gli scossoni di questi ultimi giorni non segnalino solo i cambi di fronte e i riposizionamenti cui abbiamo tante volte assistito. La vera domanda che ci dobbiamo porre è: se così fosse, chi darà rappresentanza politica a questa parte della società italiana?
Non certo il presidente del Consiglio e la sua coalizione: non solo per i deludenti risultati finora conseguiti, ma anche perché fin troppo visibile è la distanza fra i valori di riferimento del centrodestra italiano e quelli cui potrebbe ispirarsi la nuova borghesia: troppo poco mercato e troppa conflittualità, troppa poca efficienza e troppa protezione.
E’ però legittimo dubitare che questa nuova ipotetica borghesia possa sentirsi rappresentata dal centrosinistra di Romano Prodi, uno schieramento così legato all’immagine di un’Italia in cui c’era ancora l’Iri, talvolta nostalgico e spesso legnoso nel disegnare il futuro. Sbaglieremo, ma per l’attuale classe politica questi giorni potrebbero essere ricordati a lungo: un sistema politico può reggersi su due debolezze se la società non chiede nulla di meglio o di più; ma se così non è, le due debolezze si rivelano per quelle che sono. Lungi dal ricomporsi, il puzzle italiano potrebbe piuttosto rivelarci di essere stato a lungo tenuto insieme senza che i pezzi combaciassero.
Copyright © Il Riformista per Wall Street Italia, Inc. Riproduzione vietata. All rights reserved