Nella sua cucina, le nuove tendenze gourmet si abbinano alle ricette tipiche della tradizione romana. E i suoi piatti vengono gustati perfino sull’Air Force One
A cura di Margherita Calabi
Con la sua arte culinaria, Giuseppe Di Iorio ha impressionato attori, first ladies e capi di Stato, inclusi Woody Allen e l’ex presidente degli Stati Uniti George Bush. Il merito è dei suoi piatti, che accostano le nuove tendenze gourmet alle ricette tipiche della tradizione romana. Dal 2010, lo chef è alla guida dell’elegante ristorante stellato Aroma sulla terrazza di Palazzo Manfredi a Roma. È qui che ha incontrato Wall Street Italia.
Lo chef Giuseppe di Iorio
Quale elemento può fare davvero la differenza in cucina?
«Avere un’ottima materia prima è fondamentale. Oggi si stanno riscoprendo sempre di più i sapori di una volta, c’è un ritorno alla semplicità. Dico sempre: senza tradizione non c’è innovazione».
Come è iniziato il suo percorso?
«Insieme allo chef Giuseppe Sestito (Di Iorio ha inaugurato con lui il ristorante Mirabelle, che nel 2005 ha ricevuto la prima stella Michelin, ndr). Le sue prime parole sono state: la cucina bisogna saperla celebrare. E questo lo si fa solo grazie a una grande passione».
Come nasce l’idea per un suo piatto?
«Basta usare la fantasia. Pensiamo a un raviolo: per me è un contenitore di idee. Un piatto ben riuscito deve coinvolgere tutti i nostri sensi e stuzzicare la curiosità. Per questo, la collaborazione con i miei ragazzi in cucina è fondamentale».
Il ristorante Aroma con l’affascinante vista sul Colosseo illuminato
Quali sono le sue specialità?
«Nel 2020 festeggerò il 10° anniversario da Aroma e riproporrò quelli che considero i miei grandi classici. Tra questi, i ravioli di panzanella con coulis di pesto, basilico e pomodori confit e il risotto di salsiccia e lenticchie con pecorino stagionato 32 mesi. Questo piatto ha conquistato perfino Woody Allen, che è venuto a mangiarlo per ben due giorni di fila».
Chi ha avuto il piacere di ospitare al suo ristorante, oltre a Woody Allen?
«Capi di Stato, first ladies e attori di Hollywood. L’ex presidente degli Stati Uniti George Bush mi chiese di preparagli una cena speciale per il suo viaggio di ritorno in America sull’Air Force One. Penso anche a Morgan Freeman e a quella volta che venne a cena Matthew McConaughey: aveva vinto l’Oscar da pochi giorni e ad aspettarlo fuori dall’albergo c’erano più di 500 persone».
Come rinnova il suo menù, stagione dopo stagione?
«Mi piace cambiarlo completamente. L’abitudine in cucina non è mai la benvenuta: se si realizza sempre lo stesso piatto non si ha più la spinta per migliorare».
Quali sono i tre ingredienti che porterebbe su un’isola deserta?
«Sono nato a Roma ma ho origini calabresi, la mia cucina è molto legata al territorio e cerco di valorizzare al massimo i nostri prodotti. Su un’isola deserta porterei sicuramente i pomodorini, il basilico e l’olio d’oliva».
Pasta lunga o pasta corta?
«Sono amante della pasta corta, tuttavia dopo lunghi viaggi all’estero mi capita di andare in astinenza da spaghetto. Quest’anno sono stato in Cina e in Iran, due mondi con abitudini culinarie molto diverse dalle nostre. Quando sono tornato a casa, per prima cosa, ho preparato un piatto di spaghetti».
Giuseppe Di Iorio in cucina con il pastry chef Daniele De Santi e i suoi ragazzi
È stato uno dei primi a pensare a un menù per celiaci. Perché?
«Mia figlia, Melissa, è celiaca. Le ho dedicato un menù degustazione che porta il suo nome».
Se dovesse riassumere la sua filosofia in cucina?
«Dal pane alla piccola pasticceria per il caffè, tutto viene preparato in casa. Quando una persona prova un mio piatto è come se lo invitassi personalmente a cena. La mia cucina potrà piacergli o non piacergli. Oggi, a 50 anni, so che non posso accontentare tutti».
Per concludere, qual è la sfida più grande per uno chef d’eccezione?
«La mia vera sfida è questa: devo ancora creare il piatto che più mi rappresenta».
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di maggio del magazine Wall Street Italia.