Cento anni e non sentirli. È questo il clima che si respira ai Molini Lario, gruppo comasco attivo da un secolo nella produzione di farine che proprio in questi giorni ha festeggiato un secolo di attività.
Fondata nel 1919, l’azienda è ancora nelle mani di quattro delle cinque famiglie fondatrici (Valsecchi, Castelli, Pedretti, Testoni e Camocini) che hanno attraversato, tra alti e bassi, tutte le vicende della recente storia italiana. Alla guida dell’azienda c’è ora il presidente Giacomo Bozzi (pronipote del fondatore Giacomo Valsecchi) che dopo avere guidato il gruppo Richemont in Italia, si è messo al timone della storica attività di famiglia.
Progetti ambiziosi. “Nonostante la lunga storia della nostra azienda ci sentiamo ancora giovani e guardiamo al futuro fiduciosi. Il mercato del grano tenero in cui operiamo è molto competitivo e guidato dai prezzi, per questo abbiamo scelto la strada della qualità che ci permette di avere margini più elevati rispetto al settore” chiarisce Bozzi. Attualmente il 70% del nostro giro d’affari trova come sbocco l’industria alimentare mentre il restante 30% è diretto verso il mondo artigianale della panificazione e della pizza. Per incrementare la quota di vendita in questo ultimo settore più redditizio abbiamo lanciato nel 2015 la nostra ‘Accademia della farina’ che si avvale di un centro applicativo e di ricerca e sviluppo per sperimentare nuove farine e metodiche per ottenere i migliori risultati nella panificazione. Accademia Farina è diventata centro di formazione e punto di incontro tra l’azienda e la sua più qualificata clientela artigianale” evidenzia Bozzi.
Crescita mirata. “Sempre in questo settore (artigianale, ndr), nel quale è richiesto un prodotto di qualità, stiamo pensando ad uno sviluppo internazionale visto che la farina ‘Made in Italy’ è trainata proprio dall’immagine della pizza. Lo scorso anno abbiamo chiuso con un fatturato complessivo di 32,5 milioni di euro, con una quota marginale di giro d’affari all’estero. Il nostro obiettivo è quella di incrementarla considerando che i produttori italiani esportano in media l’8% del loro giro d’affari. Si tratta di intervenire attraverso il giro dei grossisti visto che non siamo presenti con la vendita diretta ai consumatori.”
Nel mondo delle farine si guarda all’estero con prudenza visto che una delle variabili che incide di più sui conti sono i costi di trasporto.
Conta la qualità. “Non siamo interessati a crescere per linee esterne nonostante la capacità produttiva sia quasi totalmente utilizzata e le difficoltà in cui versano alcuni nostri competitor. Non ci interessa aumentare i volumi quanto piuttosto crescere in aree con maggiori spunti di marginalità come ho appena detto” sottolinea Bozzi che poi evidenzia come in passato era stata valutata l’ipotesi di una quotazione a Piazza Affari.
“Questo però avrebbe comportato una crescita dimensionale che non si concilia con le nostre idee di sviluppo basate su un prodotto di eccellenza” conclude il manager.
D’altronde il crescente interesse degli italiani verso il mondo dell’alimentazione ha reso il consumatore sempre più consapevole delle sue scelte.