Dalle elezioni europee del 23-26 maggio è lecito attendersi un cambio di politica ma non radicale. Secondo Invesco chi si aspetta “scossoni sismici” politici rimarrà deluso. L’Euro e i mercati subiranno dunque turbolenze minori e alla luce degli ultimi sondaggi, la view del gruppo rimane pressoché invariata a una settimana dal voto.
“Il terzo decennio dell’euro”, si legge nel report dedicato alle elezioni dell’europarlamento, “sarà probabilmente caratterizzato da difformità nei tassi di crescita, nei rendimenti obbligazionari e anche nei premi per il rischio azionario, dopo la divergenza degli anni 2010 e la convergenza degli anni 2000″.
L’esito del voto, secondo Invesco, finirà “probabilmente” per rispecchiare la politica nazionale degli Stati membri. Quindi, in generale, c’è da mettere in conto “un indebolimento dei partiti moderati tradizionali, una maggiore frammentazione tra i partiti e vantaggi per i movimenti nazionalisti e populisti“. La partecipazione del Regno Unito rappresenterà probabilmente un’ulteriore complessità sia per Brexit sia per l’UE.
Il voto ha una certa valenza storica. Per la prima volta, nella seconda metà del 2019 quasi tutti i vertici dell’UE saranno sostituiti, con l’approvazione del Parlamento europeo. I primi novembre verrà per esempio scelta la nuova guida della Commissione Europea che andrà rimpiazzare Jean-Claude Juncker, e il nuovo presidente della Bce dopo Mario Draghi.
Anche con successo nazionalisti, cambiamento radicale improbabile
Forse allora “più del solito”, stimano gli esperti di Invesco, “è probabile che il processo comporti un intenso ed esteso sforzo da parte degli Stati membri per perseguire gli interessi nazionali influenzando la politica dell’UE, con una negoziazione di posizioni e persone”.
Tuttavia anche se i nazionalisti dovessero ottenere un buon risultato e guadagnare seggi in Parlamento, un cambiamento radicale è improbabile. Resta per esempio il fatto che “la maggior parte dell’autorità e della responsabilità politica dell’UE è affidata ai governi nazionali, che devono mantenere lo status quo”.
Da un lato non possono dunque perseguire la piena federalizzazione, “nonostante la sua importanza per la sopravvivenza dell’euro“, dati i crescenti nazionalismi interni. Allo stesso modo, devono sostenere l’euro, data la sua importanza per la stabilità economica e per la prosperità economica della regione.
Si può azzardare qualche previsione in materia di politiche che il nuovo parlamento proporrà. Molte formazioni, ad esempio, si fanno paladine di una transizione ecologica. Poi, dal momento che gli antifederalisti avranno più spazio in Parlamento e i nazionalisti/populisti sono in decisa crescita negli Stati membri, l’armonizzazione delle politiche potrebbe incontrare resistenze insormontabili in settori politicamente sensibili, come la sicurezza sociale, il mercato del lavoro e la corporate governance”.
Vi è invece, sempre secondo Invesco, “maggiore probabilità di progressi in settori più tecnici. Di conseguenza, le differenze nazionali saranno probabilmente sostenute per quanto riguarda gli investimenti delle imprese e le condizioni operative“.
Unione politica e fiscale rimane un miraggio
Per come si prevede che cambierà la composizione dell’aula parlamentare europea, non c’è da aspettarsi grandi cambiamenti in fatto di maggiore integrazione o disintegrazione dell’area. Anche il presidente francese, che in campagna elettorale parla di una “Rinascita” europea, non ha avuto il coraggio di affrontare il tema più spinoso e per questo tabù: l’unione politica e fiscale.
Facendo un po’ il verso al celebre motto della rivoluzione francese (libertà, uguaglianza, fraternità) i tre pilastri della rinascita voluta da Emmanuel Macron – il cui partito En Marche (lista europea ALDE) stando ai sondaggi potrebbe essere relegato al secondo posto dietro alla destra sovranista e protezionista del Rassemblement National – sono: libertà, protezione e progresso.
La soluzione francese ai problemi europei è proporre la creazione o potenziamento di sette agenzie che si occupino di protezione della democrazia, della difesa, del clima, dei richiedenti asilo, dell’innovazione e delle nuove tecnologie. Su alcuni di questi temi, come quello dell’immigrazione, sarà difficile mettere d’accordo i vari stati membri. Il suo sogno è quello di un’Europa unita sul welfare (per il mercato del lavoro l’idea è quella di imporre un salario minimo paneuropeo), sulle quote di accoglienza e sul modello economico.