L’articolo è tratto dal magazine Wall Street Italia di maggio e fa parte del lungo dossier dedicato a come investire la liquidità parcheggiata sui conti correnti dagli italiani.
Tanta fatica per nulla. Gli italiani sono bravi a risparmiare ma poi tengono i soldi nel conto corrente. Il risultato è un progressivo impoverimento
Tutti conoscono la storia della cicala e della formica. La prima godereccia e sprecona, la seconda intenta a mettere via provviste per l’inverno. La morale è presto detta: risparmiare è saggio. Tuttavia essere diligenti formiche oggi non basta più, bisogna essere anche bravi investitori. Gli italiani, popolo di risparmiatori dotato di una ricchezza finanziaria pari a 4.244 miliardi di euro (dato Abi), difettano della seconda caratteristica.
A mostrarlo sono gli impietosi numeri contenuti in una ricerca condotta da Allianz in collaborazione con Euler Hermes. Cento euro investiti da un italiano nel 2003 sarebbero diventati 124 nel 2017 per un rendimento del 24%. Con gli stessi 100 euro iniziali un finlandese avrebbe ottenuto 221 euro a fine periodo, per un rendimento del 121%.
Perché tutta questa differenza? Mentre i finlandesi hanno dedicato quote rilevanti dei loro risparmi all’investimento sui mercati azionari, gli italiani hanno scelto in maggior misura liquidità e titoli di Stato. Proprio questo è il problema degli italiani: detenere un terzo della ricchezza finanziaria (1.379 miliardi di euro circa) in improduttivi e costosi conti correnti.
«Essere risparmiatori disciplinati è importante ma non è sufficiente – ha spiegato a WSI Arne Holzhausen, autore della ricerca con Benedikt Fritz -. Da qualche anno viviamo in un contesto di bassi tassi di interesse. I tradizionali asset sicuri, come le obbligazioni governative o i depositi bancari, non rendono quasi nulla. È comprensibile che in periodi di elevata incertezza molti risparmiatori scelgano il rifugio sicuro e la liquidità, tenendosi lontani dai mercati azionari. Il risultato della scelta è però opposto a quello desiderato: alla fine ci si ritrova più poveri».
Prendiamo l’Irlanda. La ricchezza finanziaria degli irlandesi, tra il 2003 e il 2017 è cresciuta dell’65%. Il 93% di questo incremento è stato generato dall’aumento di valore dei loro investimenti mentre solo il 7% è imputabile a nuovi risparmi. In Italia la situazione è invertita. La ricchezza finanziaria è cresciuta del 24% e l’incremento è riconducibile per l’87% a nuovi risparmi e solo per il 13% all’aumento di valore degli investimenti.
Se si considera che nel periodo di tempo analizzato gli irlandesi hanno superato gli italiani in quanto a ricchezza finanziaria pro-capite, si può capire come tutto lo sforzo profuso dai secondi nel risparmiare denaro sia stato premiato ben poco.
Far lavorare i soldi. Oltre ai finlandesi e agli irlandesi, il trucco lo hanno capito anche gli olandesi e gli spagnoli. I risparmiatori di questi Paesi fanno fruttare il loro denaro lasciandolo investito in maggiore misura sui mercati azionari. In altre parole fanno in modo che i soldi lavorino per loro.
Cosa accade invece a noi italiani, ma anche ai tedeschi e ai portoghesi? Corriamo a destra e a manca per risparmiare fino all’ultimo centesimo e poi lo mettiamo a riposare in un comodo conto corrente. Qui siamo noi a lavorare per i soldi.
Non solo, ci perdiamo anche il beneficio dell’interesse composto, ossia il guadagno derivante dagli interessi sugli interessi, un concetto sconosciuto alla maggioranza degli italiani. Si può spiegare con un semplice esempio. Se investo 1000 euro oggi a un tasso di rendimento del 2% annuo, fisso per tutti i successivi dieci anni, alla fine potrò ottenere: 1219 euro se lascio tutto il capitale e gli interessi che maturano ogni anno investiti fino al termine del periodo; 1.200 euro se ogni anno incasso gli interessi maturati lasciando investito solo il capitale iniziale. Una differenza dell’1,58% che invita a lasciare investiti i soldi nel lungo periodo. La maggior parte degli italiani, purtroppo, non lo sa.
«È della massima importanza – conclude Holzhausen – cambiare il comportamento dei risparmiatori, creando gli incentivi e aumentando le conoscenze finanziarie per fargli comprendere l’importanza di investire i risparmi con un orizzonte di lungo termine».
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