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TUTELA DEL RISPARMIO: NOIA E STALLO

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(WSI) – Non sono bastati venti mesi, quanti ne sono passati dal caso Cirio, per consentire alla maggioranza (numericamente) più forte nella storia della Repubblica di rimediare alle difficoltà che Cirio, e poi Parmalat, hanno segnalato. Tenuto conto della dimensione internazionale degli scandali (e delle conseguenze gravanti sui risparmiatori, messe in luce dalla proposta relativa a Parmalat), i problemi da risolvere riguardano anzitutto la governance delle società e il loro rapporto coi revisori, e solo in secondo luogo gli assetti delle Autorità di controllo.

Con l’uscita del ministro Giulio Tremonti, sembra finito il clima di assalto alla Banca d’Italia. Ma con Tremonti esce di scena anche il progetto «bipartisan» sulla tutela del risparmio, condiviso fra maggioranza e opposizione. In verità, il progetto non avanzava per le divisioni intestine della maggioranza, che ora forse verranno alla luce, complice la verifica permanente, che trascura dettagli come questo.

Secondo le notizie di stampa (manca un testo noto), si sta discutendo su testo ristretto a 42 articoli invece dei 78 precedenti. Si fanno sempre più forti le pressioni per accantonare il reato di falso in bilancio e non si parla più della durata del mandato del governatore della Banca d’Italia. Si tratta di due fra i temi più spinosi, fonti di contrasti anche trasversali: meglio accantonarli. Quanto al primo argomento, la maggioranza intende mantenere il testo malauguratamente introdotto nell’autunno del 2001. In quest’opera si distingue il padre politico del raffinato testo, Michele Vietti, convinto che, altrimenti, si arriverebbe a pensare che le modifiche di tre anni fa fossero volte a favorire il presidente del Consiglio.

Insensibili ad autorevoli dichiarazioni di un suo collega di partito, secondo le quali la norma «ha già prodotto gli effetti ai quali era stata preordinata», promettiamo di non pensar male, purché il testo Vietti sia sostituito da quello messo a punto a suo tempo dalla commissione Mirone: questo impediva gli eccessi inquisitori del passato, senza arrivare alla bonanza per i ragionieri supercreativi o alla licenza di falso purché in modica quantità, magari per uso personale.

Quanto al mandato del governatore, una volta cessato l’attacco a palazzo Koch, è venuto il momento di dire chiaramente che, in qualsiasi ordinamento democratico, la durata di un incarico istituzionale è stabilita dalla legge, e non dallo statuto della istituzione stessa. Spetta al Parlamento, e non alla Consob o alla Banca d’Italia, determinare la durata del mandato del presidente della Consob o del governatore della Banca d’Italia; fra l’altro, non ci sarebbe ragione perché questi non possa essere confermabile. Se si è un Alan Greenspan si può restare anche per 18 anni.

Chissà che il mutato clima non consenta a tutti i soggetti coinvolti di vedere le cose in modo più appropriato. Ma ci sono altri temi, non meno importanti, nei quali si nota come il testo tenda a evitare le scelte di alto profilo, pur di mettere d’accordo con se stessa una maggioranza finora incapace di farlo. Il principale è quello della razionalizzazione delle competenze delle Autorità di controllo. Il testo bipartisan cercava di seguire coerentemente la logica della ripartizione «per finalità» (stabilità; trasparenza; concorrenza), che è opposta a quella detta «per soggetti» (società; banche; assicurazioni; fondi pensione).

Il regime attuale, infatti, fa coesistere le due impostazioni, per esempio affidando all’Isvap la sorveglianza sulle compagnie di assicurazione (così lavorando «per soggetti»), e alla Banca d’Italia quella sui fondi di investimento (che non hanno problemi di stabilità) o sulla concorrenza fra banche.

Ebbene, dalle indicazioni trapelate pare che il tentativo di portare fino in fondo la ripartizione per finalità sia stato abbandonato, perché questo comporterebbe la soppressione di Isvap e Covip, e i soggetti da queste regolati potrebbero trovarsi a disagio con un nuovo regolatore: che teneri! Il modo in cui saranno affrontati gli ardui temi posti dal disegno di legge sul risparmio sarà la cartina di tornasole della vitalità della maggioranza, o per meglio dire, in una prospettiva di interesse generale, della utilità della sua permanenza in vita.

Una maggioranza che dimostrasse di essere tale soltanto quando si tratta di difendere gli interessi personali del capo, e che invece latitasse così ingloriosamente sulle grandi scelte di policy, faticherebbe a giustificare la propria sopravvivenza.

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