(WSI) – Il cuore del problema per l’Udc è il seguente: può consentirsi di essere un partito a sovranità limitata, di serie B? Può consentire che la Lega abbia facoltà di ultimatum, An abbia facoltà di ultimatu, e lei no? Com’è che se il partito di Bossi dice «o si fa come diciamo noi o è la crisi», è legittimato a farlo e il presidente del Consiglio lo ascolta, mentre l’Udc è obbligato a ritirare i suoi emendamenti sulle riforme costituzionali, cioè a ritirare la sua idea della politica e del governo? Il vincolo di coalizione si estende fino all’appannamento e alla sparizione della ragione sociale?
Dalla risposta a queste domande dipende se un partito può dichiararsi degno di questo nome, se ha un senso nel panorama politico e dunque, in definitiva, se ha diritto a chiedere i voti degli elettori su un programma; oppure se invece chiede quei voti – e li usa – come una mera lobby di potere. Ed è paradossale che Berlusconi, proprio mentre imputa ai neo-dc il vizietto antico di pensare solo alle poltrone, tenti poi di costringerli proprio a quel ruolo, azzardando un putsch interno sulla base delle ambizioni europee di Buttiglione. Non stupisce dunque che, nonostante le tensioni interne, e nonostante le sirene scissioniste che restano forti nell’ala governativa dell’Udc, Follini e anche Casini, padre nobile non solo di una nuova bambina (auguri) ma anche della sua formazione politica, abbiano avuto gioco abbastanza facile nel respingere il tentativo di take over del loro partito. A parte che nelle balene, la tendenza al suicidio non è propria degli esseri viventi, e nemmeno dei loro aggregati.
Tutta questa infinita pantomima della crisi sta mostrando innanzitutto una grave incapacità del premier a gestire politicamente il rapporto con gli alleati, e il goffo tentativo di assumere l’interim di un altro partito (dopo quello della Lega) lo dimostra. In definitiva, anche il colossale buco nei conti pubblici che l’altra sera Siniscalco ha cominciato (solo cominciato) a svelare, è frutto della sua indecisione, della tendenza a traccheggiare, a chiudere gli occhi davanti ai problemi fidando sul suo tocco magico: nasce dal non aver affrontato per tempo il problema Tremonti, che da più di un anno era lì, squadernato addirittura dal secondo partito della maggioranza. Ora sta commettendo lo stesso errore con l’Udc, portando alle estreme conseguenze quell’asse con la Lega per cui Forza Italia è stata duramente punita alle elezioni, in particolare nel sud.
Follini terrà duro perché sa che, più di lui, c’è Berlusconi nell’angolo. La minaccia della Lega di far saltare pensioni e Dpef se non ha il federalismo è una pistola scarica, perché la Lega è Berlusconi, e il premier-imprenditore non può consentirsi di cadere nel gorgo di una crisi di solvibilità finanziaria del paese. Che è esattamente il problema, enorme, di fronte al paese in queste ore. Rispetto al quale il federalismo è un giochetto – questo sì – di vecchia politica.
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