“Parigi val bene una messa”, disse Enrico di Navarra quando si convertì da protestante a cattolico per salire sul trono di Francia.
E forse la guida della Bce val bene un cambio di idee. O almeno dev’essere quello che ha pensato Jens Weidmann, attuale presidente della Bundesbank e tra i principali candidati a prendere il posto di Mario Draghi quando quest’ultimo terminerà il suo mandato ad ottobre.
Il sorprendente cambio di idea del tedesco arriva per di più su una delle questioni che più lo hanno da sempre visto protagonista: il ruolo da garante di ultima istanza da parte della Bce.
Weidmann, noto per le sue posizioni da falco, nel 2012 dopo un ricorso di cittadini tedeschi presentò una memoria di 29 pagine contro la posizione della Bce, dicendo che è impossibile distinguere differenze negli spread fra i Paesi giustificate dai dati di fondo o da attacchi speculativi. La Bundesbank negò che fosse compito della Bce impedire che un Paese fosse costretto dai mercati ad uscire dall’euro (la posizione tedesca fu battuta quando il ricorso arrivò alla Corte di giustizia europea).
Questa azione si scatenò per criticare la volontà di Draghi di attivare le Omt (“Outright monetary transactions”), legata alla ormai leggendaria frase “whatever it takes” (che stava ad indicare che l’euro sarebbe stato salvato, letteralmente, a qualunque costo) e che dovevano appunto servire a far funzionare la Bce come garante di ultima istanza per l’area euro.
OMT, ombrello chiave per stabilità paesi membri
Questo ombrello, fondamentale per la stabilità finanziaria dei Paesi, assegnava alla Banca Centrale Europea il compito di varare massicci acquisti di titoli senza tetti prefissati a protezione di uno Stato, permettendole di lanciare interventi potenzialmente illimitati appunto a difesa di un Paese sotto attacco sui mercati.
Questa azione non venne comunque concessa gratuitamente: venne attuata solo dopo l’accordo fra governi sull’Unione bancaria, ovvero il lancio di una vigilanza unica europea a Francoforte e soprattutto fin dall’inizio si stabilì che questo ombrello della Bce potesse aprirsi solo per i governi che avessero accettato un programma sul modello Troika, gestito dal fondo salvataggi Esm (Meccanismo Europeo di Stabilità), dalla Commissione e dalla stessa Bce.
A quanto pare, però, Draghi non è il solo ad aver cambiato idea nel tempo, passando da una tesi di laurea contro l’euro al “whatever it takes” (approfondimento al link). Proprio Weidmann, che votò contro le Omt (anche se in netta minoranza), ora apre all’idea che la Bce possa fungere da garante di ultima istanza, proprio come fanno tutte le altre banche centrali dall’America al Giappone.
Cos’ha spinto il falco tedesco a rivedere drasticamente le sue posizioni
Christian Odendahl, del Centre for European Reform, dice che “senza il pieno sostegno del prossimo presidente della Bce, c’è il rischio che l’Omt si disfi”; mentre il presidente del Peterson Institute, Adam Posen, pochi giorni fa all’Eurotower ha detto che “non può diventare presidente della Bce chi non ne riconosce il ruolo come prestatore di ultima istanza”.
Da parte sua, Weidmann, ora sostiene che “lo strumento delle Omt sia valido, ma che vada maneggiato con cura”.
Davvero il presidente della Bundesbank avrà rivisto le sue idee, o piuttosto si tratta solo di una strategia camaleontica pur di rimanere tra i più blasonati eredi al ruolo di Mario Draghi alla guida della Bce?