Le famiglie italiane all’interno delle quali almeno un dei componenti lavora sono aumentate a 5,697 milioni, portando la quota sul totale dall’81,1 del 2017 all’81,7% dell’anno scorso, vicine ai livelli pre-crisi. È quanto si apprende dalle ultime rilevazioni Istat sulle famiglie e il mercato del lavoro. I livelli più bassi, sempre considerando le famiglie nelle quali almeno un membro è occupato, si erano toccati nel 2013, quando la quota nazionale era al 79,1%.
La ripresa, tuttavia, vede ancora una volta distanti il Nord e il Sud Italia. “Il recupero dei livelli pre-crisi è avvenuto in tutte le regioni del Nord”, scrive l’Istat, “mentre ancora non si è realizzato nel Mezzogiorno. Tra le regioni meridionali le quote più basse sono stimate in Calabria (67,6%) e in Sicilia (67,9%)”: è proprio in queste ultime regioni che l’occupazione all’interno dei nuclei famigliari resta più distante dal 2008, rispettivamente con un ritardo di 5,2 e di 4,7 punti percentuali.
Se si escludono i le famiglie composte da una sola persona, la quota nazionale, nel 2018 è arrivata all’83,8%. Anche in questo caso, l’Italia del Nord è molto più “occupata”, con una quota che sale al 90%, rispetto alle famiglie del Centro e del Mezzogiorno, dove essa non supera il 75%.
Allo stesso tempo le famiglie monoreddito (senza pensionati da lavoro) risultano più diffuse al Sud: sono il 38,1% delle famiglie pluricomponenti contro il 29,6% del Centro e il 25,5% del Nord.
Restano ancora da raggiungere i livelli pre-crisi, poi, per quanto riguarda l’incidenza delle famiglie pluricomponenti all’interno delle quali nessun membro lavora.
“Nei quindici anni esaminati, l’incidenza di queste famiglie è aumentata dal 15,3% del 2004 al 16,2% del 2018, con un picco del 18,4% nel 2013, per l’effetto negativo della crisi economica che ha annullato la riduzione positiva dei primi quattro anni”, scrive l’Istat. Se a questo insieme escludiamo le famiglie che possono contare almeno su una pensione da lavoro restano 1 milione 151 mila nuclei, con una incidenza pari al 7,9%, “valore sostanzialmente stabile dal 2013 dopo la crescita avvenuta negli anni della crisi economica (l’incidenza, nel 2004 era del 4,8%)”.