Che soluzioni può proporre il mondo della consulenza finanziaria alle distorsioni del comportamento umano che mettono a rischio il buon esito di un investimento? WSI lo ha chiesto a tre dei protagonisti del PFExpo Golden Edition, Patty Chada, Corrado Gaudenzi e Donatella Principe
Con numerosi esempi e prove empiriche la finanza comportamentale ha, nel corso degli anni, dimostrato la sua efficacia negli investimenti. Eppure Richard Thaler, uno dei padri della behavioural finance, premio Nobel per l’economia nel 2017, ammette con disappunto:
“Non penso che molti economisti abbiano cambiato idea sulla finanza comportamentale. La mia percezione è che la finanza comportamentale sia considerata importante tra gli strumenti economici dalla maggior parte degli economisti di età inferiore a 50 anni. Le maggiori resistenze si incontrano tra quelli vicini alla mia età”.
E prosegue con un esempio:
“Sui mercati non è cambiato nulla. Si tende ancora a sovrastimare gli eventi. Si pensi a cosa succede in Borsa quando arrivano alcuni tweet, pur sapendo chi c’è dietro quei messaggi”.
Il riferimento è al presidente degli Stati Uniti Donald Trump che ama utilizzare questo strumento di comunicazione. Non è colpa sua, però, se gli investitori sovra reagiscono.
L’autodisciplina negli strumenti finanziari
Il comportamento degli investitori e il ruolo dei consulenti finanziari nel guidarli ad avere comportamenti di investimento corretti e un’ottica di investimento di lungo termine sono stati tra i temi discussi nelle tavole rotonde organizzate nel corso del PFExpo Golden Edition, l’evento organizzato da ProfessioneFinanza che ha portato per la prima volta in Italia Richard Thaler.
Corrado Gaudenzi, head of Long term sustainable strategies di Eurizon Capital sgr spiega che
“per evitare i comportamenti anomali in cui tipicamente cade l’essere umano noi disegniamo soluzioni di investimento che utilizzano la disciplina al loro interno. Concentriamo la disciplina nelle mani del gestore e forniamo al cliente uno strumento che gli permette di raggiungere il suo obiettivo senza dover sopportare lo stress emotivo di fare scelte contrarie a quello che è il suo stato d’animo in certi momenti”.
Il gioco di squadra tra consulente e asset manager
“Nell’ambito del settore dell’asset management possiamo identificare diversi livelli attraverso il quale una fabbrica prodotto si può inserire all’interno della finanza comportamentale”
ha spiegato Donatella Principe, director Market and distribution strategy di Fidelity International.
“Il primo modo è riconoscere che di per sé il fondo di investimento è uno strumento che aiuta a correggere alcuni bias comportamentali. È per esempio uno strumento diversificato. Questo vuol dire che io sono in grado di neutralizzare quei bias emotivi come l’effetto familiarità o l’effetto gregge. Il secondo livello che una società come Fidelity può incorporare è legato al processo decisionale. Siccome io prendo coscienza del fatto che gli errori comportamentali non sono solo individuali ma anche sistemici, valgono per il singolo investitore ma per i mercati finanziari nel loro complesso, utilizzo un nuovo set di dati sociali nel mio processo di investimento e posso così migliorare il processo di selezione dei titoli e la gestione del rischio. Infine, c’è un gioco di squadra tra la fabbrica prodotto e la rete di distribuzione che è assolutamente centrale”.
Per Donatella Principe questi due attori sono i pilastri necessari di un ponte che permette al cliente il passaggio indenne “sulle acque turbolente dell’emotività”.
Un asset allocation allargata anche alle assicurazioni
L’ultimo tassello lo aggiunge Patty Chada, esperta in psicologia economica, che invita i consulenti a pensare l’allocazione finanziaria non solo in termini di prodotti d’investimento ma anche assicurativi:
“I consulenti devono essere consapevoli delle proprie distorsioni – ha spiegato a WSI – e di quelle di un mercato che offre prodotti di investimento. Gli investitori vogliono guadagnare ma ancora prima di guadagnare vogliono non perdere soldi. È questa la paura sottostante che li frena. Se il consulente finanziario considerasse anche gli strumenti di natura assicurativa, solleverebbe il risparmiatore da un peso emotivo molto forte, quello di non mettere a rischio il cuscinetto che gli serve per le emergenze. Qui non si tratta di buttare fumo negli occhi. Si tratta di fornire al cliente gli strumenti che poi rappresenteranno una specie di stop loss, una asset allocation, nel vero senso della parola, assicurativa. Lo strumento assicurativo potrebbe avere questa funzione di disponibilità in caso di perdita e liberare emotivamente il cliente dall’angoscia di pter subire delle oscillazioni, permettendogli di allungare la prospettiva temporale dei suoi investimenti”.