(WSI) – Google si è messo all’asta. Vende le sue azioni con un’offerta al pubblico di nuovo tipo. Il sistema tradizionale consiste nell’offerta a un prezzo compreso fra un massimo e un minimo, con preferenza per la prenotazione in blocco da parte di banche e altri operatori finanziari, che svolgono una contrattazione bilaterale con l’emittente e poi smerciano sul mercato al dettaglio le quote comperate.
Google invece ha annunciato una vera e propria asta a cui tutti possono liberamente partecipare, anche via Internet. Il prezzo per azione compreso nella forchetta fra 105 e 135 dollari è una autentica scommessa, in quanto Google ha rifiutato le prenotazioni degli operatori finanziari, ha annunciato il suo prezzo massimo e minimo con largo anticipo e ha stabilito che da venerdì sono aperte le offerte da parte di chiunque, anche di una sola azione, anche per prezzi inferiori a quello di base dell’asta.
C’è chi stima il titolo 75 dollari e chi pensa che valga la pena investire in esso fino a quota 135. Potrebbero avere ragione i primi o i secondi, oppure chiunque altro con altri valori. Deciderà il mercato. Chi ha offerto troppo poco rimarrà escluso, se coloro che hanno offerto un prezzo alto sono così numerosi da portarsi via tutta l’offerta. Ma se le offerte ad alto prezzo sono poche, le azioni andranno sino a esaurimento, anche a coloro che hanno offerto di meno. E chi ha offerto molto si troverà ad avere in portafoglio titoli che avrebbe potuto ottenere a buon mercato.
Sono però consentite le offerte a prezzi diversi, per ridurre il rischio. Il valore di 135 per azione corrisponde a una remunerazione teorica dello 0,5 per cento, in contrasto con la prassi di Wall Street per cui i titoli del mercato tecnologico di imprese in crescita si quotano al massimo per un valore corrispondente a un compenso dell’1 per cento. Ma Google accetta la sfida senza rete di sicurezza.
Gli operatori finanziari non sembrano entusiasti del sistema, che toglie loro i tradizionali margini di manovra e le pingui commissioni sulla procedura. Ma piace al pubblico. Sarebbe interessante vedere che cosa sarebbe accaduto o accadrebbe in Italia se fossero così offerti all’asta, senza l’appoggio di banche amiche, titoli come quelli di Tiscali, che danno una remunerazione negativa.
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