(WSI) – Ci sono talmente tante frottole modellate attorno alla questione venezuelana che io posso aver violato alcune regole del giornalismo statunitense fornendo alcuni fatti. Iniziamo con questo: il 77% delle terre per allevamento del Venezuela sono possedute dal 3% della popolazione, gli “hacendados” (i latifondisti).
Io ho conosciuto uno di questi latifondisti a Caracas in una manifestazione di protesta anti-Chavez. La più strana manifestazione che io abbia mai visto: bionde glassate, coi tacchi alti, avvinghiate alle borse griffate, che stridevano: ” Chavez! dit-ta-to-re !I proprietari delle piantagioni si lamentavano del “socialismo” di Chavez, e poi saltavano sulle loro jaguar decappotabili.
Quella settimana, lo stesso Chavez mi consegnò una copia del manifesto “socialista” che scuoteva così tanto l’uomo della jaguar. Era una nuova legge varata dal congresso venezuelano che assegnava la terra a chi non la possedeva. La legge di Chavez trasferiva solo i campi dalle grandi fattorie che erano state lasciate inutilizzate e abbandonate.
Questa riforma della terra fu promossa al Venezuela, negli anni ’60, dalla sinistra radicale, John F. Kennedy. Il dittatore del Venezuale del tempo era d’accordo nel distribuire la terra ma dimenticò di dare ai contadini il riconoscimento della loro proprietà.
Chavez non lo dimenticherà, perchè lo specchio stesso glielo ricorda. Ciò che l’affabile presidente vede nel suo riflesso al di là del confine dell’ufficio, è, infatti, un “negro e indio” – un uomo nero e indio, scuro come la noce di cola, così come lo sono i senza terra e, finora, i senza speranza. Per la prima volta nella storia del Venezuela, l’80% della popolazione nera-indiana ha eletto un uomo con la pelle più nera dell’uomo nella jaguar.
Dunque perchè, con la stragrande maggioranza dell’elettorato a suo favore, due volte nelle elezioni e oggi con una valanga di voti in un referendum revocatorio, Hugo Chavez cammina sui carboni ardenti nei rapporti con la nostra Casa Bianca, promotrice di democrazia?
Forse è per il petrolio. Molto petrolio. Chavez è seduto sopra una riserva di greggio che tiene testa a quella dell’Iraq. E non è la sua presidenza del Venezuela che muove i pazzi della casa bianca, ma è stata la sua presidenza dell’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, l’OPEC. Mentre era al controllo della segreteria dell’OPEC, Chavez stipulò un accordo con il nostro leder del tempo Bill Clinton, sul prezzo del petrolio. Era il piano “Goldilocks”. Il prezzo non sarebbe stato nè troppo basso, nè troppo alto, mantenuto tra i 20 e i 30 dolllari a barile.
Ma Dick Cheney non ama Clinton nè Chavez nè il loro grupppo. Per lui, la libertà dell’industria del petrolio (e dell’Arabia Saudita) nello stabilire il prezzo del grezzo è tanto sacra quanto la llibertà di parola è per l’ACLU. Io ho ottenuto questa informazione, a tal proposito, dalle tre più grandi industrie del petrolio.
Perchè Chavez dovrebbe preoccuparsi dei quello che pensa Dick? Perchè, ha detto uno degli “uomini del petrolio”, è il vicepresidente nel suo bunker, non il mangia-pretzel nella Casa Bianca, che “emana energie politche negli Stati Uniti”
Quello che sembra aver fatto incavolare il nostro vicepresidente non è il prezzo del greggio ma chi detiene il bottino dell’attuale vincolo che frena lo zampillio nei prezzi. Chavez fece passare nel suo congresso un’altra legge sul greggio, la “Legge sugli Idrocarburi” che cambia la metodologia di spartimento. Oggigiorno, le multinazionali del greggio – come la PhillipsConoco – detengono l’84% dei proventi della vendita del petrolio venezuelano, lo Stato solo il 16%.
Chavez voleva raddoppiare l’erario della tesoreria fino al 30%. E per delle buone ragioni. I senza terra, i contadini affamati, ormai da decenni, si sono allontanati da Caracas e dalle altre città, costruendo ghetti, di baracche di cartone e con gli scarichi all’aria aperta, in cui vivono migliaia di persone. Chavez ha promesso di fare qualcosa a questo proposito.
E l’ha fatto. “Chavez ha dato loro pane e mattoni”, mi ha detto un reporter di una televisione venezuelana. La bionda conduttrice televisiva, nel bel mezzo di una sparata pubblicitaria ha pronunciato le parole “pan y ladrillos” (pane e mattoni) con disprezzo, rendendo palese il fatto che lei non aveva mai toccato un mattone e certamente non aveva mai fatto la fila per il pane.
Ma per sfamare e dare una casa alla gente di colore in coda per il pane e i mattoni, Chavez avrebbe bisogno di fondi e la fetta del 16% della torta petrolifera non sarebbe sufficiente. Così il presidente del Venezuela ha chiesto il 30%, lasciando al Grande Grezzo il 70%. Improvvisamente, l’alleato di Bill Clinton a Caracas (Chavez) divenne il nemico di Mr. Cheney e – di conseguneza – di Mr. Bush.
Così ha preso avvio la campagna Bush-Cheney per “Floridirizzare”(applicare l’effetto Florida) la volontà dell’elettorato venezuelano. E non è di alcun rilievo il fatto che Chavez abbia vinto due volte le elezioni. Ottenere la maggioranza dei voti, ha detto il portavoce della Casa Bianca, non ha reso il governo di Chavez “legittimo”. Hmmm. Accordi segreti sono stati raggiunti dai nostri uomini della sicurezza interna per sottrarre le liste ufficali degli elettori venezuelani. Il denaro contante è, in maniera discreta, passato dal contribuente americano, attraverso la cosiddetta “donazione di democrazia”, agli oppositori di Chavez, contendenti alle elezioni.
Una brillante campagna per piazzare notizie circa la presunta impopolariutà di Chavez e le sue maniere dittatoriali ha, di fatto, sequestrato i media americani, spaziando dal San Francisco Chronicle al New York Times.
Ma alcuni eventi non possono essere oscurati dalla propaganda. Mentre George Bush può nominare il governo dell’Iraq e chiamarlo “sovrano”, il governo del Venezuela è nominato dalla sua gente. E il fatto è che la maggioranza delle persone di queste baraccopoli non guidano jaguar o non hanno tinto i loro capelli a Miami. La maggior parte, quando si guarda allo specchio, vede qualcuno “negro e indio”, nero come il loro presidente Hugo.
Il manuale ufficiale della CIA riguardo al Venezuela dice che la metà delle fattorie statali possiede solo l’1% della terra. Questi sono quelli fortunati, visto che sono moltì di più contadini che non posseggono nulla. Questo, fino a che il loro uomo Chavez non ha preso potere.
Sotto Chavez, la redistribuzione della terra rimarrà più una promessa che un fatto compiuto. Oggi, i senza terra e i senza tetto votano le loro speranze, sapendo che il loro uomo non può, contro l’asse armato delle oligarchie locali e di Dick Cheney, vincere per loro. Ma sono convinti che non se lo potrà mai dimenticare.
E questo è già un fatto.
Tradotto da Nuovi Mondi Media
Fonte: http://www.gregpalast.com/detail.cfm?artid=362&row=0
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