E’ un vero e proprio braccio di ferro quello che si sta consumando tra il governo e Autostrade per l’Italia. Già l’indomani del crollo del Ponte Morandi a Genova, avvenuto il 14 agosto dello scorso anno, dal Movimento Cinque Stelle si era levato un coro di polemiche indirizzato ad Atlantia, la holding della famiglia Benetton che controlla interamente Autostrade per l’Italia (Aspi).
L’atto finale la revoca della concessione di 3 mila chilometri di rete autostradale italiana ad Aspi. Le parole del ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Danilo Toninelli, pronunciate nei giorni scorsi, sono chiare.
È venuto totalmente meno il rapporto di fiducia nei confronti di un concessionario che si è dimostrato incapace di gestire un bene pubblico, questo deve portare a una evidente revoca della concessione perché le relazioni fanno capire come il modello manutentivo applicato al Ponte Morandi a Genova sia lo stesso applicato su tutti i 3.000 chilometri”.
Ma nella Convenzione siglata tra lo Stato e Aspi più che di revoca della concessione si parla di decadenza. Nella relazione del pool di giuristi incaricati dal Mit di esaminare la “procedura di caducazione” della convenzione di Aspi per la gestione delle autostrade si legge che Autostrade è stata inadempiente in merito alla custodia, restituzione e manutenzione del Ponte Morandi ma il governo dovrebbe valutare tra le possibili soluzioni, anche la rinegoziazione della convenzione con Autostrade.
Il crollo del Ponte Morandi è il tratto finale di una sequenza casuale, da tempo in corso, che il concessionario non è stato in grado di arrestare o deviare pur essendo a ciò tenuto (…) I possibili rischi discendenti dallo squilibrato contenuto e dalle modalità di approvazione della Convezione potrebbero comunque consigliare una diversa soluzione, rimessa alla valutazione politica o legislativa volta alla rinegoziazione della convenzione.
In sostanza secondo i tecnici far decadere la concessione autostradale aprirebbe a contenziosi di importi rilevanti per l’Erario, tradotto soldi da pagare che vanno dritti sulle spalle dei contribuenti.
Nonostante lo Stato abbia possibilità di chiedere un risarcimento degli ingenti danni, un ulteriore tema di contenzioso potrebbe essere rappresentato dalla valutazione della gravità dell’inadempimento, un’area in cui è maggiormente incidente la discrezionalità del giudice, con la conseguente conservazione del rapporto concessorio, cui si aggiungerebbero a quel punto anche il risarcimento integrale del danno compreso quello reputazionale eventualmente sofferto dalla capogruppo di Aspi, cioè Atlantia.
A conti fatti se decade la concessione, come si legge nella Convenzione, è il Ministero delle Infrastrutture a prendere in carico la gestione di 2.800 chilometri di autostrade, dovendo subentrare in tutti i rapporti attivi e passivi di Autostrade, quindi anche mutui e debiti che la società ha fatto per costruire le strade, a cui aggiungere un importo pari al valore attuale degli utili che la gestione produrrà da adesso al 2042. In finale la cifra che circola è di 20 miliardi circa che pesano sulla testa dello Stato.