Impresa

Nuovo codice della crisi di impresa, gli strumenti per le aziende

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A cura di Jacopo Moresco (ceo Anticipay) ed Heber Caramagna (business manager Gruppo Knet

 

Pochi mesi fa è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. La riforma, rivolta a tutte le società di capitali che rientrino in alcuni parametri minimi (ad oggi almeno 4 mln di ricavi o di attivo patrimoniale e con più di 20 dipendenti) si è posta l’obiettivo di garantire un più rapido intervento in caso di peggioramento delle performance dell’impresa, creando parallelamente le condizioni a che il suddetto intervento possa essere risolutivo.

Sono stati quindi introdotti strumenti nuovi rispetto al passato per la segnalazione dell’impresa in warning stage attribuendo l’onere di segnalazione a vari soggetti:

a. creditori professionali (tra cui Inps, Inail, Agenzia delle Entrate ed ex Equitalia)
b. imprenditori
c. auditors e revisori legali.

Tutti congiuntamente avranno la responsabilità e l’onere, pena severe conseguenze di tipo patrimoniale, nel rilevare in anticipo il distress, allo scopo di garantire in prospettiva la salvaguardia occupazionale e la non dispersione di know-how.

Un quesito sorge a questo punto spontaneo: ma come sarà possibile prevedere le situazioni di crisi e insolvenza con più efficacia? Su questo tema il legislatore ha coinvolto il Consiglio Nazionale dei Commercialisti ed Esperti Contabili (CNDCEC) per l’individuazione di indicatori con capacità predittive per segnalare in anticipo i sintomi di early warning stage.
In attesa degli indici, questo articolo rappresenta alcune best practices imprenditoriali ed organizzative per dotare l’azienda di un adeguato assetto che possa prevenire possibili segnalazioni future. Per facilità di lettura le abbiamo distinte in tre categorie: finanziarie, patrimoniali ed economiche.

CAPACITÀ DI GENERARE RISORSE FINANZIARIE
Iniziando dal comparto finanziario, emerge un punto su tutti imprescindibile in tema di crisi e insolvenza: la capacità di generare flussi finanziari e autofinanziamento convertito in flussi di cassa operativi. In più di un’occasione, difatti, ci si può trovare con imprese profittevoli ma non abili a generare flussi finanziari, in cui l’impresa genera reddito ma non liquidità.
Può apparire arduo da credere, tuttavia è sufficiente un’errata gestione del circolante – o un reinvestment rate non sostenibile – per assorbire flussi. Questo è un punto importantissimo in tema di crisi, ed è un punto su cui il nuovo codice della crisi di impresa e dell’insolvenza si concentra.
Nel nuovo impianto normativo, la capacità di generare cash è tra i principali parametri considerati. Per l’imprenditore in crisi diviene così strategico il rapporto tra risorse finanziarie generate e posizione debitoria finanziaria contratta.
Per questo è fondamentale per l’imprenditore abbandonare il monitoraggio basato solo su utile e ricavi e, parimenti, passare a un controllo dei flussi di cassa assorbiti e generati usando adeguati strumenti di gestione e monitoraggio della Tesoreria aziendale.

SOLVIBILITÀ
Restando in ambito finanziario, emerge una seconda variabile di fondamentale importanza, la solvibilità, ovvero: l’abilità di reperire risorse finanziarie per garantire la copertura del fabbisogno e la capacità di onorare le obbligazioni contratte con i propri creditori nei tempi e modi prestabiliti.
Il punto principale in questo caso è l’adeguatezza delle risorse finanziarie generate alla posizione debitoria netta contratta dall’impresa; qualora la struttura del debito sia mal sostenibile, l’impresa potrà incorrere in stati di crisi e insolvenza.
Pensiamo in questo caso a una società profittevole e liquida, ma con una posizione debitoria assai concentrata nel breve periodo: tale impresa in questione potrebbe, al primo calo di profittabilità, trovarsi in condizioni di stress.
Allo stesso modo un’impresa che finanzi gli investimenti con rischi bancari autoliquidanti potrebbe trovarsi in difficoltà a seguito di insoluti dai propri clienti, mentre schemi di cessione del credito pro soluto consentirebbero di evitare tale rischio .
In tema di crisi e insolvenza la solvibilità acquisisce quindi un ruolo fondamentale. Per questo è opportuno che l’imprenditore monitori e controlli costantemente la propria solvibilità e che scelga adeguatamente le proprie fonti di finanziamento per evitare la concentrazione del debito nelle mani di creditori con medesima scadenza e per evitare la concentrazione del debito nelle mani di una sola tipologia di creditore; qualora possibile andrebbero adottate invece anche altre tipologie di fonti finanziarie, quali ad esempio i Minibond o quelle offerte dalle piattaforma Fintech di anticipo fatture digitale, che offrono tra i loro vantaggi la rapidità e flessibilità, la cessione pro soluto e l’assenza di fideiussioni o garanzie supplementari.

STRUTTURA DEL CAPITALE E FLESSIBILITA’ DEGLI ASSETS
Passando al comparto patrimoniale, un tema fondamentale è quello della struttura del capitale, ovvero del rapporto tra il tipo e la durata delle fonti finanziarie e la flessibilità e tipologia degli impieghi di capitale (Assets). E’ difficile in questo caso generalizzare ed individuare un tipo di struttura del capitale aprioristicamente più efficace di altre: da una parte l’impresa che fa esclusivo ricorso al capitale potrebbe scontare un minore rischio di insolvenza, ma dall’altra un leverage minore potrebbe allontanare una più rapida crescita.
Il fulcro del discorso non è quindi il non indebitarsi a priori quanto piuttosto, farlo in misura ponderata rispetto ai mezzi propri, alle immobilizzazioni e alle proprie marginalità. Questo assunto è ancor più importante se correlato al nuovo impianto normativo in cui il rapporto tra mezzi di terzi e mezzi propri diventa fondamentale.
Come tutti gli strumenti, anche il leverage va calibrato in funzione delle reali capacità dell’impresa. La sfida per l’imprenditore è pertanto quella di modulare la propria struttura del capitale in funzione di più variabili, su tutte certamente la sostenibilità, la flessibilità e il costo. Variabili – queste ultime – con cui l’imprenditore deve fare i conti e che lo stesso deve tenere costantemente sotto controllo puntando ad aumentare il grado di elasticità dell’azienda, garantendole l’abilità di far fronte a particolari periodi di illiquidità del mercato..

TEMPI DI RECUPERO DEL CAPITALE CIRCOLANTE
Un ulteriore tema imprescindibile per scongiurare la crisi è la velocità di recupero del circolante operativo, ovvero il tempo che impiega la supply chain a generare liquidità.
Banalizzando, si tratta del tempo che sussiste tra i pagamenti per gli acquisti di materie prime e gli incasso dai clienti.
Quanto più questo tempo è lungo, tanto più la società ha necessità di finanziare la propria catena del valore; tanto più esso è breve, quanto più la società riesce a generare risorse finanziarie, diminuendo il rischio finanziario a suo carico. Molte società in stato di crisi sono in crisi proprio per la difficoltà nel gestire efficacemente il circolante operativo.
Per questo suggeriamo la massima attenzione quando parliamo di working capital management: la gestione del credito, delle scorte e degli acquisti sono le tre leve principali per la rapida conversione del circolante in cassa. Tre variabili che l’imprenditore deve avere costantemente e necessariamente sotto controllo. Solo così l’imprenditore sarà in grado di attivare una vera e propria catena virtuosa del valore.
Una maggiore velocità nel convertire il circolante operativo in cash consente di generare più cash flow operativo e di conseguenza permette all’impresa più investimenti per la crescita e lo sviluppo. Di contro, un rallentamento nella conversione del circolante in cash assorbe risorse e questo può condurre all’esigenza di contrarre maggiore debito, aumentando il costo della posizione debitoria e diminuendo l’autonomia patrimoniale dell’impresa.
In definitiva, quindi, la gestione del circolante operativo è essenziale per scongiurare l’illiquidità futura. E per questo l’imprenditore deve tenere questa variabile costantemente sotto controllo.

PROFITTABILITÀ
Volendo passare al comparto economico, il tema principale è la sostenibilità della profittabilità, ovvero la capacità dell’impresa di generare margini al contrarsi del venduto. Una società con una elevata incidenza dei costi fissi sarà sottoposta a un maggiore rischio di business. Difatti, in caso di riduzione dei ricavi, essa si troverà nella condizione di generare ben presto perdite operative.
Al contrario, un’impresa dotata di una struttura dei costi snella sarà maggiormente in grado di resistere a shock della domanda. È questo un punto essenziale per scongiurare situazioni di crisi aziendale e insolvenza. L’imprenditore deve prestare attenzione alla struttura dei costi e al modello di profittabilità. Il primo passo è quello di monitorare costantemente la propria leva operativa, ovvero il livello di ricavi sotto il quale la società comincia a generare perdite operative. Essere infatti coscienti del cd. “punto di rottura economico” è il primo passo per agire preventivamente e in modo efficace.
Avere una leva operativa favorevole consente all’impresa di competere efficacemente sul proprio mercato, attuando – qualora possibile – delle vere e proprie leadership di costo verso i competitori con ripercussioni positive sulla capacità di coprire gli oneri bancari e, più in genere, di esdebitarsi.
In rapporto poi a questo tema, occorre operare una profonda e attenta riflessione ed acquisire strumenti che consentano di monitorare mese dopo mese la gestione caratteristica e i risultati della gestione vs il business plan atteso.

CONCLUSIONE

In conclusione, emerge in modo chiaro dal quadro fin qui illustrato che, per far fronte al nuovo Codice della Crisi di Impresa e per prevenire situazioni di allerta, l’imprenditore dovrà già a partire dal secondo semestre 2019 (l’entrata in vigore della norma è prevista per l’agosto 2020 ed i bilanci di riferimento saranno quelli riferiti all’esercizio 2019):

A) dotarsi di strumenti nuovi che gli consentano di monitorare le variabili di bilancio via via descritte sia sotto il piano finanziario che patrimoniale ed economico;
B) avviare delle valutazioni sulla durata dei finanziamenti in corso rapportandoli alle necessità dettate dagli investimenti e dall’assorbimento di capitale circolante aprendosi, se necessario, anche ad esplorazioni di nuovi canali di finanziamento innovativi per migliorare l’equilibrio e la resilienza dell’azienda.