Editoriali

Pensioni: il rischio di sopravvivere al nostro denaro

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La vera storia di Rita.  Qualche giorno fa ho pubblicato un articolo che riprendeva il tema, mai sopito, delle pensioni.

Saranno adeguate al nostro stile di vita? Dovranno essere integrate dal punto di vista economico? Di quanto? E, soprattutto, con che strumenti finanziari si potrà cercare di trovare una soluzione ai conti che, spesso abbiamo già raccontato ed in tutte le salse, rischiano di non tornare? Domande lecite che hanno bisogno, in qualche modo, di trovare risposta. La sensazione che ho provato scrivendo articoli sul tema e soprattutto leggendone le considerazioni ed i commenti di molti lettori è di quanta confusione ci sia in merito all’argomento. Corrette anche le tante considerazioni, sul modo fallimentare di gestire le casse previdenziali da parte della politica e di chi ha amministrato la cosa pubblica in tutti questi anni. Tuttavia, nonostante siano giustificate, finiscono, comunque, per scontrarsi con la realtà dei fatti.

Ecco, parliamo proprio dei fatti.

Qualche mese ho ricevuto una lettera, che ho già pubblicato nella mia rubrica “Mercati Che Fare” a marzo scorso su Il Giornale. La riporto qui perché fa riflettere sul dramma di quello che può accadere in termini di “Rischio Longevità” e di come, terribilmente, questo, che per molti è solo un teorema economico, si può tradurre in dramma di vita.

 

Da “Il Giornale” del 18 marzo 2019

La storia che voglio raccontarvi oggi è una storia triste. Una di quelle storie che non vorresti mai ascoltare. Lo faccio non per rovinare la giornata e l’umore a chi la leggerà ma per fare in modo che si possano aprire gli occhi su un tema di cui, nel nostro Paese, si parla poco, troppo poco. Due settimane fa. Arrivato in redazione guardo distrattamente la posta. C’è una busta che attira la mia attenzione. Sembra spedita da lontano tanto è consumata. La apro e mi cade il mondo addosso. Il foglio su cui è scritta è sgualcito. “Ho letto il suo articolo di qualche settimana fa. Mi è capitato per caso tra le mani. Avevano usato la pagina per avvolgere dell’insalata, così quando l’ho scartata ho fatto caso a quello che aveva scritto. Non posso permettermi di comperare un giornale, così leggo tutto quello che mi capita.”. Si chiama Rita, dice di abitare in un piccolo centro della Calabria. Ha 86 anni. “Non ho più nessuno vivo sola, abbandonata a me stessa e sono triste, ogni giorno di più. Mio marito non c’è più da anni. Ma non voglio annoiarla con i miei guai. Perché le scrivo? Perché mi auguro che lei grazie al suo lavoro possa avvertire quante più persone possibili. Nel suo articolo ho letto una frase che è perfettamente in linea con la mia storia, quella in cui lei dice che il rischio più atroce che ci possa capitare è quello di sopravvivere ai nostri soldi. Ebbene, a me è successo. E’ già da qualche anno che sono andata più avanti di quanto i miei risparmi mi avessero concesso di fare. Finché ho avuto qualcosa sul libretto la vita non è stata tanto amara. Ma quando cinque anni fa ho ritirato i miei ultimi spiccioli, i guai non sono più finiti. Mi creda! Io prego perché questo tormento non duri più così tanto. Sono stanca, ma non abbastanza da non voler urlare al mondo il mio disagio. E lo faccio perché la gente capisca che , quando può ancora farlo, deve fare le scelte giuste. Io posso solo sperare di morire loro invece possono ancora costruirsi un futuro diverso. Diverso dal mio”.

 

Leggere, e rileggere ora questa lettera, mi ha fatto tremare nuovamente i polsi, proprio come la prima volta. Ho pianto come non facevo da tempo, commosso dalla storia di Rita. Ho provato a cercarla, ma non ci sono riuscito. Avrei voluto aiutarla. Ma ho deciso che il modo migliore di aiutare Rita è accettare il suo invito. E’ per questo che continuerò ad occuparmi di quest’argomento ed a cercare di far capire a tutti che: possiamo fregarcene, contestare, protestare, urlare la nostra rabbia ai quattro venti, ma un giorno, se quel giorno ci sarà concesso, saremo costretti a fare i conti con le nostre vite e dovremo fare di tutto perché quei conti tornino.