Le preoccupazioni sulla Brexit continuano a pesare come un macigno sulla sterlina. La valuta britannica, che ieri è arrivata a quotare 1,09 euro, mentre il cambio con il dollaro americano ha toccato 1,2121, ai minimi da due anni, sconta la paura di un divorzio Londra-Bruxelles senza accordo, alla luce delle tensioni crescenti tra Bruxelles e Londra. Questa mattina il valore è leggermente salito ma per gli esperti, tuttavia, la debolezza della valuta di Londra proseguirà anche nei prossimi mesi.
Nell’ultima settimana la valuta britannica è arrivata a perdere oltre il 2,5% mentre il saldo dell’ultimo mese è negativo per oltre il 4,2%.
In un clima già teso, il neo premier britannico Boris Johnson, ha ribadito ieri la sua volontà di non pagare i 39 miliardi di sterline dovuti alla Ue: il cosiddetto Brexit bill, la “fattura di divorzio”, concordata da Londra e Bruxelles per l’addio del Regno Unito dal perimetro comunitario. Un posizione già espressa in campagna elettorale, lanciando il guanto di sfida all’UE: “Un accordo migliore o niente pagamento del conto di divorzio”.
Il proposito è stato confermato nei suoi primi interventi alla Camera dei Comuni con la cifra in questione che potrebbe essere lasciata in sospeso come strumento di pressing nelle nuove negoziazioni con la Ue o diventare un serbatoio d’emergenza per attutire lo choc economico di una Brexit No-deal, scenario che, tra l’altro, avanza a grandi falcate.
Tornano alla sterlina, per gli esperti, l’indebolimento delle valuta non sarà accompagnato da nessuna buona notizia sul fronte economico, in quanto potrebbe non fornire la spinta tradizionale alle esportazioni.
Al contrario, dicono dalla Bank of England, il crollo della sterlina darà una spinta all’inflazione aumentando i costi delle importazioni e finendo per pesare sui redditi reali dei lavoratori.
Ora che la crescita mondiale – e in particolare il commercio – sembra essere in una fase di recessione, raccogliere i benefici del deprezzamento della valuta sarà ancora più difficile.
“In un contesto globale difficile, una sterlina più debole non sarà chiaramente utile per i produttori”, ha dichiarato Victoria Clarke, economista presso Investec, all’agenzia Bloomberg.