L’ex ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni è morto improvvisamente all’età di 76 anni; l’ultima carica ricoperta dall’economista è stata quella di presidente del consiglio di amministrazione di Unicredit, incarico assunto dall’aprile del 2018. Appena un giorno prima della morte, il 7 agosto, Saccomanni aveva partecipato alla conferenza stampa di Unicredit per la presentazione dei risultati semestrali.
Prima di ricoprire il ruolo di ministro nel governo Letta, fra 2013 e 2014, Saccomanni era stato dg della Banca d’Italia fra il 2006 e il 2013 (assumerà poi tale carica ad honorem). Per i meriti accademici conseguiti, Saccomanni è stato insignito dalla presidenza della Repubblica dei titoli di Commendatore, Cavaliere di Gran Croce e Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica.
Saccomanni e il bail-in
Durante l’anno ricoperto al ministero, Fabrizio Saccomanni accompagnò le fasi cruciali che avrebbero portato l’Italia ad approvare la direttiva che introdusse il bail-in nelle risoluzioni bancarie. Con questo principio, le banche in dissesto possono ricevere aiuti finanziari da parte dello stato (bail-out) solo dopo un “salvataggio interno” che trasformi in capitale obbligazioni subordinate e, successivamente, depositi bancari sopra i 100mila euro – di fatto azzerandone il valore.
Lo scorso febbraio l’attuale ministro dell’Economia, Giovanni Tria, aveva affermato che “Saccomanni fu ricattato dal ministro delle finanze tedesco” per garantire il consenso italiano alla direttiva Ue che poi avrebbe messo in pericolo i risparmi depositati nelle banche italiane meno solide.
“Con un’espressione evocativa ma infelice”, precisò poi il Mef sulle parole di Tria, “ha voluto fare riferimento a una situazione oggettiva in cui un rifiuto isolato dell’Italia di approdare la legislazione europea sul bail-in avrebbe potuto essere facilmente interpretato come un segnale dell’esistenza di seri rischi nel sistema bancario italiano. Con questo il ministro non intendeva certamente lanciare un’accusa specifica né alla Germania né al ministro delle Finanze tedesco dell’epoca”.
In sede Ecofin, nel dicembre 2013, l’allora ministro Saccomanni aveva proposto una soluzione di compromesso sul bail-in per cui, nel caso di crisi bancaria l’intervento pubblico, nazionale o europeo, sarebbe potuto arrivare dopo un bail-in della banca coinvolta per almeno l’8% delle passività. Questo perché il ministro si era detto consapevole che “in caso di rischio sistemico l’intervento pubblico potrebbe essere preferibile al rischio di contagio generato da un esteso utilizzo del bail-in”.
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