Sarà la Corte di giustizia dell’Unione europea a doversi pronunciare sulla cosiddetta “legge Airbnb”. È la decisione comunicata ieri dal Consiglio di Stato, che segna un punto a favore del portale telematico nel contenzioso con l’agenzia delle Entrate e lo Stato italiano. In gioco c’è la normativa italiana che impone agli intermediari attivi negli affitti brevi di comunicare i dati dei locatori e di applicare una ritenuta del 21%.
Immediata la reazione di Federalberghi, che in una nota ricorda che la società americana sta portando avanti il ricorso “a più di due anni dall’entrata in vigore della norma che ha previsto l’applicazione di una tassazione agevolata al 21% sui redditi da locazioni brevi”.
“Confidiamo che la Corte di giustizia – afferma il presidente della Federalberghi, Bernabò Bocca – metta fine a questa commedia, che vede Airbnb appigliarsi a ogni cavillo pur di non rispettare le leggi dello Stato. Siamo stanchi di assistere a questa esibizione indecorosa dei colossi del web, che realizzano nel nostro paese utili milionari ma dimenticano di pagare quanto dovuto al fisco italiano, con un comportamento a dir poco opportunistico”.
A Federalberghi fa eco Stefano Bettanin, presidente di Property Managers Italia, associazione italiana dei proprietari di appartamenti, che si rivolge direttamente ad Airbnb perché ponga fine al balletto di ricorsi che va avanti dal 2017, dal Tar del Lazio al Consiglio di Stato.
“Il mercato ha tempi molto più rapidi di quelli della giustizia amministrativa e noi property manager continuiamo a lavorare in un clima di incertezza, poiché dal 2017 applichiamo queste nuove regole, ma contemporaneamente aderiamo a piattaforme che non si sono adeguate al nuovo regime contabile, come Airbnb ma non solo. Per questo chiediamo al nuovo Country Manager di Airbnb Italia, Giacomo Trovato di fare un passo indietro, ritirare i ricorsi e fare in modo che l’azienda si assuma le proprie responsabilità, invece di perdere un altro anno dietro una sentenza. Inoltre mi auguro che un gesto di questo tipo da parte di Airbnb sia di esempio anche per le altre piattaforme che non stanno agendo da sostituto d’imposta, come Booking.com e Tripadvisor. Il problema infatti è più ampio e oggi Airbnb passa da capro espiatorio anche per tutte le altre multinazionali che gestiscono i pagamenti e che per questo sarebbero tenute allo stesso modo a trattenere l’importo della cedolare secca”.