Se ne era parlato nei giorni scorsi, ma ora, con l’approvazione delle manovra 2020, è arrivata la conferma: per i circa due milioni di detentori di partita IVA con ricavi compensi fino a 65mila euro, che hanno sfruttato la flat tax al 15 per cento, le cose si fanno più complicate. Non solo. Il Governo ha definitivamente abbandonato l’estensione della flat tax con aliquota agevolata per le partite Iva con ricavi da 65 mila a 100 mila euro, che sarebbe dovuta entrare in vigore all’inizio del prossimo anno in base alla legge di bilancio 2019 targata Lega – 5 Stelle.
Che cosa cambia per redditi fino a 65 mila euro
Per coloro che dichiarano redditi fino a 65 mila, vene meno un’importante semplificazione, ovvero quella che permetteva alle imprese in regime forfettario di non dover tenere registri contabili e di non essere tenuti a conservare le fatture di acquisto, perché i costi venivano determinati in percentuali fisse che ora scompaiono.
La legge di Bilancio stabilisce inoltre l’obbligo di istituire un conto corrente dedicato per raccogliere e gestire tutti i movimenti dell’attività svolta in modo da favorire i controlli del fisco, evitando confusioni tra conti correnti personali e movimenti dedicati all’attività aziendale o professionale.
Tra le altre novità spicca infine la reintrodurre delle soglie sia sui beni strumentali sia sul personale. Quello dei beni strumentali era uno dei paletti introdotti nel 2014 proprio per limitare l’accesso al vecchio regime forfettario. Un anno fa questi limiti erano scomparsi, come quello del tetto di 5 mila euro per i compensi a dipendenti aziendali e collaboratori, mentre adesso si punta a reintrodurli per limitare l’accesso alla tassazione agevolata al 15%.
Unica consolazione. La stretta non dovrebbe riguardare le startup, ovvero le nuove imprese entro i primi 5 anni di attività.