Le banche italiane non sono le sole ad essere esposte ai rischi di una possibile crisi finanziaria: secondo quanto scrive la consultancy firm McKinsey & Co quasi il 60% delle banche globali si trova in una posizione di debolezza per via di scarsi ritorni sugli asset tangibili (Rote; si veda il grafico in basso). Per far fronte al problema la società di consulenza esorta il settore ad abbracciare sempre di più la tecnologia e a favorire economie di scala attraverso fusioni fra i vari istituti.
L’ingresso di nuovi attori fintech (come, ad esempio, Revolut) stanno profondamente cambiando le abitudini dei clienti in una direzione che rischia di rendere alcune banche “note a piè di pagina della storia”, scrive McKinsey nel suo report annuale dedicato al settore. Poco potrà cambiare se, come scrive la consultancy, le banche dedicano solo il 35% del proprio budget IT all’innovazione, contro il 70% dedicato dalle società fintech. E “un rallentamento economico prolungato con tassi di interesse bassi o addirittura negativi potrebbe provocare ulteriori problemi”, si legge nel rapporto.
“Riteniamo di essere in un tardo ciclo economico e che le banche debbano fare passi coraggiosi perché non sono in gran forma. Alla fine del ciclo, nessuno può permettersi di riposare sugli allori”, ha commentato Kausik Rajgopal, senior partner di McKinsey.
“Mentre è probabile che le istituzioni più creative emergano come leader nel prossimo ciclo, altre rischiano di diventare note a piè di pagina della storia”, ha detto la coautrice dello studio Chira Barua, “tuttavia, ci sono passi che ogni banca può fare oggi per incidere sulle proprie fortune e iniziare il ciclo successivo su basi più solide, ma il tempo sta per scadere. I consigli di amministrazione e la direzione dovrebbero considerare attivamente le mosse strategiche in questo momento” e non durante una crisi, ha affermato Barua.