Dopo mesi di tira e molla, l’Arabia Saudita ha ufficialmente dato il via libera alla quotazione del colosso petrolifero Aramco sul listino di Riad.
Una quotazione che si prospetta come la più grande della storia, con il governo che punta ad una valutazione da 2 mila miliardi di dollari, anche se le banche sarebbero vicine ad una valutazione più bassa e vicina a 1.500 miliardi, e ad una raccolta di 60 miliardi di dollari, nettamente superiore al collocamento con cui nel 2014 il colosso cinese dell’e-commerce Alibaba raccolse oltre 25 miliardi di dollari.
Al momento, però non è stata ancora fissata una forchetta circa il prezzo delle azioni in offerta e nemmeno la quota di Aramco che sarà collocata sul mercato. Il prospetto per l’Ipo sarà reso noto il 9 novembre mentre per l’11 dicembre è previsto il debutto in Borsa.
Secondo fonti della agenzia Reuters, la percentuale di azioni in vendita potrebbe essere dell’1 o del 2%, con un valore equivalente a circa 20/40 miliardi di dollari. La società ha inoltre dichiarato di non avere in corso piani per la quotazione all’estero.
L’opinione degli analisti
Per alcuni analisti, la vendita di una parte anche minima di Aramco costituisce la base del piano di riforme che il principe ereditario Mohammed Bin Salman vuole portare avanti nel suo paese. Dalla Ipo arriverà una parte delle risorse necessarie a finanziare mega-progetti come “NEOM”, una mega città futuristica da 500 miliardi di dollari pianificata sulla costa settentrionale del Mar Rosso.
In quest’ottica se le azioni dovessero diminuire drasticamente dopo l’inizio delle negoziazioni, sarebbe un duro alla credibilità delle riforme economiche di Mohammed bin Salman. Non solo, ma gli investitori internazionali presteranno molta attenzione a come Aramco si comporterà sul mercato interno, soprattutto in assenza di qualsiasi dettaglio sull’ipotesi di un suo debutto internazionale.
Per Chris Beauchamp, analista presso IG Group:
“Investire in Aramco comporta ovviamente dei rischi e non solo i prezzi del petrolio faranno fatica a salire. I rischi politici e strategici sono elevati per qualsiasi azienda che operi nella regione. Aramco ha anche un controllo limitato nella politica di produzione, visto che una parte fondamentale della gestione è affidata all’Opec i cui fa parte Arabia Saudita”.