A prima vista, poco sembra cambiato dopo le elezioni di domenica in Spagna, la seconda tornata elettorale del 2019 dopo quella svoltasi lo scorso aprile. I socialisti del Psoe si sono confermati il primo partito dell’assemblea con 120 seggi, appena 3 in meno rispetto a prima.
Insieme al partito anti-austerità Podemos, che però ha ridotto la sua delegazione a 35 seggi, quello di sinistra resta il primo blocco politico spagnolo. L’unione dei progressisti, tuttavia, non basterà a formare una nuova maggioranza parlamentare, esattamente come prima.
A sorridere più di tutti è, invece, la destra anti-immigrati di Vox, che diventa terzo partito alle spalle del Partito Popolare con 52 seggi – ben 28 in più rispetto ad aprile. “Siete stati protagonisti dell’impresa più rapida e folgorante della politica spagnola”, ha dichiarato ai suoi sostenitori Santiago Abascal, leader di Vox, “siamo riusciti ad aprire tutti i dibattiti proibiti”.
Anche lo stesso Pp ha ripreso quota, aumentando la propria rappresentanza di 22 seggi a quota 88. E‘ disfatta, invece, per i liberali di Ciudadanos: il partito di Albert Rivera è crollato da 57 a soli 10 seggi.
Con queste premesse, sarà molto difficile comporre una maggioranza. Né una coalizione di destra, né una di sinistra possono raggiungere autonomamente la soglia di 176 seggi.
La crescente frustrazione da parte dell’elettorato, chiamato a votare per la quarta volta in quattro anni, è chiaramente visibile nel calo dell’affluenza al 69,87% (-5,87% rispetto alle passate elezioni).
Cosa succede ora
Non pochi ostacoli sbarrano la possibilità che un governo guidato da Sanchez possa godere del voto o della benevole astensione di Podemos, dell’altro partito progressista Mas Pais e delle formazioni indipendentiste.
Podemos, da un lato, si dice disponibile a formare un governo di coalizione e non a fornire un appoggio esterno, come invece preferirebbe il leader del Psoe, Pedro Sanchez. Le formazioni catalane e basche, poi, difficilmente potrebbero aiutare con l’astensione l’insediamento di Sanchez, dopo il dispiegamento di forze di polizia schierato per contenere le proteste in Catalogna.
L’alternativa, per Sanchez, non potrebbe che trovarsi dietro la barricata opposta.
Il leader del Pp, Pablo Casado, non ha escluso un accordo con i socialisti: “Vedremo cosa suggerisce Pedro Sánchez e poi adempiremo la nostra responsabilità perché la Spagna non può continuare a essere bloccata”. L’accordo Psoe-Pp non sarebbe inedito: nel 2016 i popolari di Rajoy, allora primo partito, poterono governare grazie all’astensione dei socialisti. Oggi lo scenario potrebbe ripetersi, a parti invertite.