Come il Vaticano investe i soldi delle offerte e donazioni: l’inchiesta della Gabanelli
Ammonta a circa 700 milioni di euro, tra offerte e donazioni, il cosiddetto Obolo di San Pietro, destinato a mandare avanti la complessa macchina vaticana e per i più bisognosi.
Ma una rendicontazione non c’è dice la giornalista Milena Gabanelli in un’inchiesta realizzata sul Corriere della Sera in cui mette in luce come i soldi dell’Obolo andrebbero gestiti seguendo un certo criterio morale e non in operazione speculative o quantomeno azzardate. A gestirlo l’Ufficio affari generali della segreteria di Stato vaticana.
Il Vaticano e l’affaire Londra
L’inchiesta della giornalista risale al 2012 quando a Monsignor Giovanni Angelo Becciu, a capo all’epoca dell’Obolo “gli appare attraente” investire 200 milioni di euro nella compagnia petrolifera dell’Angola. Ma mentre studia le carte si presentò l’allora semisconosciuto Raffale Mincione che propone agli uomini del Vaticano, al fine di raddoppiare i soldi in cassa, di acquistare un suo palazzo a Londra attraverso il fondo Athena. Di questi 2100 milioni che Monsignor Becciu affidò a Mincione il 45% finisce nel palazzo e il resto, dice la giornalista, in investimenti finanziari speculativi.
Si arriva a settembre 2018 quando il fondo Athena aveva perso più del 20% e Becciu venne sostituito dal monsignor Parra che decide di uscire dall’operazione e prendersi l’intero palazzo londinese.
Ma a chi si affidano in Vaticano per una manovra finanziaria di questo calibro? Non a una banca d’affari o a intermediari di primo piano. La scelta cade su Gianluigi Torzi, sconosciuto broker molisano trapiantato a Londra, che ha condiviso già altri affari con Mincione, svelto e capace nel suo lavoro di trader ma con qualche piccola pendenza penale e la scia di un paio di fallimenti societari in Italia. (….) palazzo passa da Mincione alla Gutt, una società lussemburghese costituita e amministrata da Torzi.
Un minuto dopo la firma del contratto in Segreteria però si rendono conto di aver affidato tutti i poteri gestionali al broker che detiene solo lo 0,1% di Gutt. Inizia dunque la trattativa per smontare l’accordo e convincere Torzi a farsi da parte. A maggio 2019 il 100% del palazzo di Londra finisce in una nuova società, la London 60, questa volta controllata al 100% dalla Segreteria di Stato vaticana.
Alla fine di tutte queste operazioni il Vaticano ha dovuto sborsare a Torzi 10 milioni, 16 milioni a Mincione per la gestione degli investimenti e altri 44 per liquidare il fondo e infine almeno 2 per consulenze. Nelle casse del Papa invece, dopo sette anni, non è entrato un euro di guadagno.