Società

MARONI
E ALEMANNO,
O DEL DANNO

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(WSI) – Quanto va presa sul serio, la minaccia leghista di non votare in Consiglio dei ministri il decreto sulla competitività, se al primo articolo non conterrà l’adozione di dazi antidumping? Se si prende in parola l’asse che i leghisti ritengono di avere con Tremonti, bisogna prendere la minaccia sul serio. Se si prende sul serio anche la posizione del ministro Alemanno, che ai dazi in realtà è favorevolissimo epperò fa notare che nel decreto non ci possono stare ma bisogna vararli a parte, si è indotti a credere che quella leghista sia una richiesta tattica, per vedersi soddisfatti magari al più presto con una celere approvazione da parte del senato della riforma costituzionale.

In realtà, le cose forse stanno a metà. L’asse con Tremonti c’è di principio, ma è equivoco nei fatti. Perché l’ex ministro parla da due anni di scellerata fretta avuta dall’occidente nell’aprire prima del tempo le porte del WTO alla Cina, e dunque chiede che oggi si avviino esattamente le sanzioni previste dall’Organizzazione mondiale per il commercio quando gli aderenti violano i princìpi del fair trading al cui rispetto si sono impegnati.

Ai leghisti tanta sottigliezza sfugge, e chiedono invece una mannaia unilateralista che avrebbe come unica conseguenza quella di mettere automaticamente l’Italia fuori dal consorzio dei paesi di mercato. Al punto tale che potrebbe essere la Cina, paradosso dei paradossi, a chiedere l’apertura di un’istruttoria contro di noi. Tant’è che Alemanno, che qualche rudimento di mercato e di governo coordinato del medesimo l’ha assunto nelle trattative condotte in questi anni da ministro, lo sa benissimo e per questo invita i leghisti a distinguere il buon fine dai cattivi mezzi.

Eppure bisogna anche dirla tutta. C’è una sottile e benefica vendetta della storia, nel fatto che la Cina oggi riservi all’Italia quel che anche noi – falsificazioni comprese – abbiamo fatto ad altri nella storia convulsa del nostro sviluppo. Non siamo più latecomers, e per questo dobbiamo salire nella catena del valore aggiunto, della produttività multifattoriale, e della redditività di ogni fattore della produzione, dal lavoro al capitale. Non sarà con le tasse, che metteremo a lungo al riparo la nostra eventuale incapacità.

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