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I CONCLAVI SEGRETI DELL’ OPUS DEI

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(WSI) – Se il cardinale Camerlengo, lo spagnolo Eduardo Martinez Somalo, ha il compito di convocare in via ufficiale le congregazioni per preparare il conclave, sono pochi i componenti del collegio cardinalizio che hanno la potestà di convocare, in via del tutto ufficiosa, riunioni di porpore rosse. Uno di questi è un altro cardinale spagnolo, Julian Herranz, che nella veste di presidente del Consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi e della commissione disciplinare della curia romana, è stato negli ultimi anni di pontificato l’uomo di fiducia di Wojtyla.

Herranz in queste ore ha incontrato un gruppo di grandi elettori del conclave e lo ha fatto in una villa dell’Opus Dei a Grottarossa, quartiere di Roma nord. Si potrebbe pensare che per il solo fatto che il cardinale Herranz sia dell’Opus Dei, egli abbia quel surplus di potere che altri non hanno. Ma allora sarebbe così anche per il cardinale Luis Cipriani Thorne, arcivescovo di Lima e membro dell’Opus Dei. Che invece, riunioni del genere, non ne convoca (essendovi semmai convocato).

In questo momento il motto popolaresco «morto un Papa se ne fa un altro» non è ancora del tutto da considerare in vigore. Sì, perché se in queste ore si sta conoscendo il contenuto delle disposizioni testamentarie papali, non tutti i desiderata del Wojtyla in fin di vita si trovano espresse per iscritto.

A differenza dei suoi predecessori, che avevano designato in forme più o meno esplicite i loro successori, Giovanni Paolo II al riguardo non ha mai fatto cenno a chicchessia. Ma nelle ultime settimane, in particolare durante i ricoveri al policlinico Gemelli, egli ha ricevuto in udienza solo pochissimi cardinali di Santa Romana Chiesa. Fra questi Herranz. Che è uno dei pochi depositari, dunque, delle ultime disposizioni del morente Pontefice.

Nelle priorità ecclesiali che il prossimo Papa dovrà mettere in agenda c’è quella che il cardinale Herranz ha spesso definito «silenziosa apostasia» dei fedeli cattolici. È un fenomeno che preoccupava papa Wojtyla non meno delle sperequazioni economiche tra paesi ricchi e paesi poveri. Herranz si fa portavoce di una Chiesa chiamata a eleggere un Papa più incline a privilegiare problemi di evangelizzazione piuttosto che questioni di carattere sociale.

Posizione condivisa dalla quasi totalità dei componenti la curia vaticana di lingua spagnola (due nomi su tutti: Darìo Castrillon Hoyos e Alfonso Lopez Trujllo). Si profilerebbe dunque un confronto fra gli elettori di lingua spagnola: da un parte, coloro che additano nella secolarizzazione dell’occidente il nodo principale per il prossimo Papa; dall’altra, coloro che reputano i problemi del sottosviluppo effetto della globalizzazione la principale sfida a cui è chiamata la Chiesa del ventunesimo secolo.

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QUEL BLOCCO UNITO CHE PUNTA AL PAPATO


di Marco Politi

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(WSI) – CITTA´ DEL VATICANO – Juan Pablo III dopo il polacco Giovanni Paolo II? L´America latina è entrata di prepotenza nel dibattito del pre-conclave, facendo leva sul desiderio di molti porporati di proseguire la spinta all´internazionalizzazione della Chiesa cattolica. Tornare indietro ad un papa italiano – sostengono alcuni – significherebbe arretrare rispetto al fascino di mondialità, che Giovanni Paolo II ha saputo esprimere con particolare energia. Ma bisogna anche aggiungere che i principi-elettori mostrano sempre una vistosa insofferenza, quando sentono discorsi etnici o nazionali.

Nella Chiesa, ripetono, non conta la nazionalità e d´altronde, aggiungono, Karol Wojtyla non è stato eletto perché polacco, ma perché le sue personali qualità si coniugavano a quella che negli anni Settanta era la frontiera più calda del mondo: il confronto tra fede cattolica e comunismo ateo.

Se si ragiona in termini di «frontiera», allora anche l´opzione latino-americana può acquistare una sua motivazione. In America latina vivono quasi la metà del miliardo abbondante dei cattolici del mondo, in America latina è aperto il confronto tra cattolicesimo e l´espansionismo dei movimenti neo-evangelici, in America latina dire «giustizia sociale» non è una parola vuota, è una sfida e un impegno.

Corre voce (ma di passa-parola più o meno autentici sono imbottite le stagioni che precedono un conclave) che i latino-americani abbiano stretto tacitamente un patto tra gentiluomini. Ognuno ai primi scrutini voterà secondo le proprie preferenze, ma se una candidatura del sud dovesse profilarsi, allora l´appello sarebbe a convergere su chi ha conquistato la posizione di punta.

Di sicuro c´è solo il fatto che i latino-americani sono un bel blocco: ventuno porporati. Un pacchetto di voti importante. Nel conclave del ‘78 i voti di quell´area furono essenziali per portare in alto la candidatura di Wojtyla. Ma non bisogna mai dimenticare che anche qui vale l´espressione fratelli-coltelli. Un prelato può essere diverso dall´altro in maniera eclatante. In passato la linea di confine era l´approccio alla teologia di liberazione, ora il dissenso riguarda piuttosto il modello di Chiesa. Super-gerarchizzata o partecipativa?

Una caratteristica spicca subito agli occhi, passando in rassegna la cinquina dei porporati latino-americani più in vista. Sono tutti legati ai grandi ordini religiosi o ai nuovi movimenti. Come dire che la Chiesa ha bisogno di trovare linfa nelle grandi spinte comunitarie antiche o nuove.

Claudio Hummes, arcivescovo di San Paolo in Brasile, è francescano, proviene da una famiglia tedesca e coniuga una solida cultura filosofica ad un attenzione per i problemi ecumenici. E´ uomo di grande spiritualità. I punti d´attacco su cui ha impostato la sua azione di vescovo sono il rilancio delle vocazioni, la formazione dei preti, il rapporto con la realtà sociale di una metropoli gigantesca come San Paolo e la cura della comunicazione di massa.

Jorge Mario Bergoglio arcivescovo di Buenos Aires è, invece, gesuita. Una personalità severa, molto scrupolosa nell´esercizio dei suoi doveri, con un passato di maestro di novizi e di docente. la sua biografia lo rivela autore di libri ponderosi come «Meditazioni per i religiosi», 2Riflessioni sulla vita apostolica», «Riflessioni di speranza».
Dai salesiani proviene Oscar Maradiaga, dell´Honduras. Temperamento vivace, comunicativo e di notevole slancio pastorale, ha compiuto un tragitto che dalla gavetta di maestro elementare lo ha portato all´incarico di professore di fisica, matematica, chimica e scienze nelle scuole medie fino al posto di rettore dell´istituto filosofico salesiano del Guatemala e poi alla responsabilità di arcivescovo di Tegucigalpa. E´ stato presidente dal 1995 al 1999 del Celam, l´organismo che riunisce tutto l´episcopato latino-americano.

Gode dell´appoggio dei Legionari di Cristo, un movimento in rapida espansione, Norberto Rivera Carrera, energico e vitale arcivescovo di Città del Messico. La sua specializzazione è il tema della famiglia e questo lo ha particolarmente reso vicino a Giovanni Paolo II. Rivera Carrera è stato a suo volta fondatore di un gruppo: il «Movimento per le giornate di vita cristiana»: questo spiega il suo attivismo nella rivitalizzazione della vita comunitaria.

Un´autentica new-entry sulla scena dei cardinali latino-americani è rappresentata, infine, dall´arcivescovo di Santiago del Cile: Francisco Javier Errazuriz. Espressione anche lui di un movimento. Quello di Schoenstatt. Errazuriz ha due carte speciali. E´ stato recentemente eletto in maniera plebiscitaria alla presidenza del Celam e ha lavorato in Vaticano nella prima metà degli anni Novanta. Un posto importante in Curia come segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e membro di numerosi altri organismi vaticani. Da questo punto di vista riunisce in sé un´esperienza doppiamente preziosa: la cura pastorale della capitale cilena e la conoscenza dal di dentro della macchina curiale.

Una ragione c´è, infatti, se i cardinali latino-americani godono di favorevoli chances. La Chiesa in America latina fa sì parte del Terzo Mondo, ma nel contempo è figlia di una cultura saldamente legata alla «romanità» cattolica. Elemento molto apprezzato in Curia. Fatto sta che per un papabile del cono sud si entusiasmano sia il presidente brasiliano Lula che il primate polacco Glemp, reduce da un elogio sperticato del cardinale argentino Bergoglio da lui definito come persona che «riunisce tutte le condizioni» per succedere a Giovanni Paolo II. Creando anche qualche imbarazzo al porporato di Buenos Aires, il cui portavoce si è subito appellato alla libertà dello Spirito Santo affermando che «la Chiesa non fa congetture sul futuro».

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