Brexit: e ora?

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A cura di Matteo Allevi, consulente finanziario di Londra

Cosa cambierà dopo il “Brexit Day” del 31 gennaio scorso? È questa la domanda che si pongono in molti ora che, a quasi quattro anni di distanza dal referendum del 23 giugno 2016, il Regno Unito è ufficialmente uscito dopo 47 anni di permanenza all’interno dell’Unione Europea.

La verità è che nell’immediato non cambierà assolutamente nulla. Il Regno Unito continuerà infatti a far parte dell’unione doganale e del mercato unico e fino al 31 dicembre 2020 le persone, sia britanniche che europee, continueranno ad avere il diritto di spostarsi per motivi di lavoro o per turismo da una parte all’altra della Manica senza alcuna restrizione. È stato infatti concordato che nel corso del cosiddetto periodo di transizione che è scattato alla mezzanotte del 1° febbraio e che durerà fino alla fine dell’anno in corso rimarranno in vigore le norme UE già esistenti. Fino a quel momento, di fatto, nulla cambierà nei rapporti tra Londra e il resto dei 27 Paesi dell’Unione Europea.

Paradossalmente gli anni trascorsi dalla data del referendum sulla Brexit al 31 gennaio scorso potrebbero costituire la parte facile del processo d’uscita del Regno Unito dall’UE. Ora, viene da dire, comincerà quella difficile. Il Regno Unito e l’UE avranno infatti a disposizione soltanto undici mesi di tempo per poter discutere delle future relazioni che intercorreranno tra i due blocchi continentali. I dossier sul tavolo sono tanti e il tempo a disposizione forse troppo poco per trovare un accordo condiviso da entrambe le parti. Per questo motivo alcuni analisti hanno già paventato l’ipotesi di una proroga del periodo transitorio, anche se il Primo Ministro inglese Boris Johnson si è già opposto strenuamente alla possibilità di uno slittamento al 2021.

No Deal Brexit e l’indipendenza scozzese

In questo clima di incertezza, non è da escludere nemmeno il rischio di una No Deal Brexit, ovvero di un’uscita disordinata del Regno Unito dall’Unione Europea alla fine del 2020 che, come dimostrano innumerevoli studi, avrebbe un impatto fortemente negativo sull’economia soprattutto del Regno Unito. Per questo motivo, un altro argomento tornato in auge proprio nel corso degli ultimi giorni, è quello dell’indipendenza scozzese. La Scozia che nel 2016 aveva votato ampiamente a favore di “remain”, non valuterebbe di buon occhio un’uscita disordinata dall’UE e le conseguenze economiche che essa comporterebbe. L’ottimo risultato ottenuto dagli indipendentisti scozzesi nel corso dell’ultima General Election rafforza poi l’ipotesi di un secondo referendum su “una futura Scozia indipendente” come ha dichiarato recentemente il capogruppo dell’Snp alla Camera dei Comuni Ian Blackford.

 

 

Cosa aspettarsi dai mercati finanziari?

Quanto all’andamento dei mercati finanziari, i vincitori post risultato elettorale e addio formale all’UE sono stati fino a questo momento la sterlina britannica e i principali indici di borsa della City, ma avventurarsi in previsioni sugli andamenti futuri di queste asset class in uno scenario così incerto e variopinto risulta davvero un esercizio assai difficile. L’economia britannica dovrebbe beneficiare nel breve periodo della maggiore stabilità politica e degli stimoli fiscali promessi dal Governo conservatore, anche se secondo alcune società di gestione come Blackrock non “è prevedibile un ritorno ai livelli di crescita economica pre Brexit”.

Quali che saranno gli effetti sull’economia, la finanza e la vita reale delle aziende e delle persone in futuro dipenderà dall’andamento dei negoziati tra Regno Unito ed Unione Europea nel corso del periodo di transizione per cui, con buona pace di Her Majesty the Queen Elisabetta II, non ci resta che aspettare.

Alla prossima puntata o “to be continued” come diciamo da questa parte della Manica nella terra di Albione.

 

 

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