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AMERICA:
RADIOGRAFIA VERA DELL’ ECONOMIA

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(WSI) – A quanto pare l’economia è destinata a rallentare in guisa significativa o addirittura ad entrare in recessione, e questo oltretutto non è adeguatamente scontato dai mercati. E’ questa la conclusione a cui si perviene analizzando alcuni indicatori che si sono rivelati buoni anticipatori nel prevedere i precedenti cicli economici. Le motivazioni sono quelle che seguono.

Il PMI Index, che scende da un po’ di tempo, anticipa la produzione industriale di cinque mesi circa. A sua volta, la produzione industriale anticipa l’occupazione del settore manifatturiero di circa quattro mesi. Ciò vuol dire in sostanza che il PMI anticipa l’occupazione di circa nove mesi. Inoltre i prezzi dell’energia in rialzo tendono ad anticipare l’economia di un anno circa, il che vuol dire che l’aumento sperimentato sta già facendo i suoi effetti, anche se i prezzi del greggio dovessero immediatamente ripiegare.

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Abbiamo anche rilevato nei precedenti commenti che un periodo di restringimento della politica monetaria è quasi sempre seguito da un rallentamento economico o peggio ancora da recessione, unitamente ad un calo del mercato azionario. Associato a ciò è il calo della crescita anno su anno della base monetaria MZM dell’1.6%, un livello che tipicamente ha condotto ad una rallentamento economico negli ultimi 40 anni. Un altro studio indica una correlazione del 47% fra la crescita reale di M2 e le vendite interne.

Ciò è ammesso dal Conference Board, il quale assegna a questo elemento la seconda ponderazione più elevata nell’ambito del suo leading indicator. La crescita reale dell’aggregato M2 è scesa da un tasso annuo del 4.4% nel primo trimestre 2004 a solo lo 0.6% nel primo trimestre di quest’anno. Uno studio simile rileva una correlazione del 44% fra un appiattimento della curva dei rendimenti (la differenza fra il rendimento del Bond decennale e il rendimento del T-Bill a tre mesi) e un conseguente rallentamento delle vendite al dettaglio. Il differenziale era di 359 punti base nel secondo trimestre 2004, è sceso a 183 bp nel primo trimestre 2005 ed è sceso ora a 118 bp. Difatti, il Conference Board assegna a questo indicatore la più elevata ponderazione nell’ambito dei suoi dieci leading indicator.

Lo stesso Leading Indicator è ora in ribasso rispetto ad un anno fa, e negli ultimi 40 anni un simile evento ha sempre condotto ad un rallentamento economico o ad una recessione. Oltretutto questi indicatori sono stati confermati da un indebolimento del quadro economico a livello globale. Il Leading Indicator dell’OCSE è sceso pesantemente, mentre l’economia giapponese sta nuovamente rallentando vistosamente, nonostante di fatto non siamo mai cresciuta negli ultimi 17 anni. Sebbene la maggior parte degli economisti affermi che l’economia è in buona salute, noialtri assegniamo molto peso agli indicatori citati.

Mentre un numero di commentatori economici afferma che il mercato ha già scontato il peggio, questo tipo di conclusione non è evidente ne’ dal punto di vista del sentiment, ne’ per ciò che concerne le valutazioni. Infatti, come è noto, i commenti sui programmi che girano sulla CNBC sono perennemente bullish. Anche chi è noto per essere ribassista su questi canali, di fatto è soltanto un po’ meno ottimista, piuttosto che essere propriamente pessimista. Se non si riescono a trovare gli Orsi, come fa il sentiment ad essere bearish? In prossimità dei precedenti minimi di mercato il sondaggio di Investors Intelligence mostrava i Bears al 55% o anche più, mentre i Bulls erano al 20% o anche meno.

Attualmente gli Orsi sono al 28%, mentre il 46% degli analisti è classificabile come Bull. In aggiunta, in prossimità dei precedenti minimi di mercato la liquidità degli Equity Mutual Funds era all’incirca pari al 10% del patrimonio netto, contro l’ultima lettura del 4.1%. Il VIX resta relativamente basso con il suo 16%, mentre per quanto riguarda le valutazioni, il P/E dello S&P500 è sempre a quota 19, molto meno del 2000, ma sempre nella parte alta del range dei 71 anni che hanno preceduto la fine degli anni ’90. Un mercato ribassista termina con una capitolazione di massa del pubblico, e non con un quadro compiacente come si rileva oggi. Quando oltretutto si considera i persistenti squilibri economici e finanziari, pensiamo che il mercato permanga seriamente vulnerabile a consistenti ribassi nei tempi a venire.

N.B. Un certo numero delle correlazioni citate in questo commento sono frutto del lavoro dell’economista Ed Hyman di ISI e di Paul Kasriel di Northern Trust. Tuttavia, le conclusioni sono di chi scrive.

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