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PIAZZA AFFARI, ARRIVA LA MEGA CEDOLA

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Oggi giorno di paga a Piazza Affari. Ben 65 società, circa un quarto di tutte le quotate, danno il via all´iter che entro giovedì farà incassare 6,5 miliardi di euro a centinaia di migliaia di azionisti. Gli indici di Borsa barcolleranno per ragioni tecniche – da stamattina i titoli trattano ex dividendo, privi del valore distribuito – poi si spera che si rialzino, magari in virtù del fatto che il mercato italiano appare in questi ultimi anni tra i più generosi al mondo in fatto di soddisfazione monetaria degli azionisti. Tra l´altro, il 20 giugno l´ammontare distribuito raddoppierà, grazie allo stacco Finmeccanica, Luxottica, Stm, Eni ed Enel, queste ultime due vere reginette delle cedole.

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L´ammucchiata odierna ha motivazioni di calendario, legate all´affastellarsi delle assemblee sociali che nella seconda metà di aprile hanno approvato le proposte dei cda in materia. Tra chi guida la pattuglia, Generali e Ras, Unicredit e Sanpaolo, Pirelli & C e Autostrade, Snam Rete Gas e Saipem, L´Espresso e Rcs. Ma l´elenco è troppo lungo, e consta di 25 società delle 40 che compongono il paniere S&P/Mib. Al di fuori, staccano la cedola – tra gli altri – marchi come Azimut, Popolare di Lodi, Benetton, Ifil, Indesit e Tod´s. Tutti quanti nel weekend sono stati esaminati da Monte Titoli, società del gruppo Borsa spa depositaria di tutti gli strumenti finanziari italiani, in regime di dematerializzazione. Lì vengono verificati i titolari delle azioni, da lì sarà coordinato l´accredito dalle banche delle aziende quotate fino ai conti correnti dei soci.

I quali soci, per dire il vero, negli ultimi anni non hanno molto di cui lamentarsi. Dopo il triennio nero iniziato nella primavera del 2000, gli indici azionari hanno recuperato gran parte del terreno, e le singole società da almeno due anni curano sempre più l´attenzione per un dividendo non troppo simbolico. Senza considerare il capital gain (anche perché molto spesso, per i soci cassettisti, si parla ancora di capital loss, cioè una perdita) non stupisce ottenere dalle cedole azionarie rendimenti dal 3 al 5% l´anno, molto più di quasi tutti titoli di stato. Il fatto è che, nonostante la cattiva congiuntura economica, le società quotate riescono puntualmente ad accrescere gli utili, anche se ciò avviene spesso privilegiando tagli di costi, cessioni straordinarie e profitti finanziari, mentre la crescita organica è piuttosto bassa, per non dire assente.

C´è poi un secondo passaggio logico, con cui la liquidità delle aziende si trasforma in liquidità del signor Rossi azionista. In tempi di tassi di interesse ai minimi – appena il 2% in Eurolandia – è facile avere credito bancario, ma proprio la cattiva congiuntura che schiaccia i tassi è indirettamente responsabile della stasi negli investimenti in ricerca e produttività, o nelle acquisizioni esterne. I manager non vedono grandi potenzialità fuori dai loro abituali confini, siano geografici o di business. Quindi preferiscono “restituire” il denaro eccedente ai soci, anche perché questo è un buon modo per sostenere la quotazione delle azioni stesse. Un circolo a spirale, come si vede, che si può definire virtuoso o vizioso a seconda dell´ottica scelta.

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