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CARA UNIONE, E SE NON TI VOTASSI PIU’?

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(WSI) – Che cosa conta Cicciobello Rutelli nella storia d’Italia? Meno di zero. E Franco Marini e Ciriaco De Mita? Idem come sopra. E la Margherita? Poco più di zero. Cicciobello e i margheriti andranno da soli nel proporzionale? E chi se ne importa!, nel proporzionale si distribuiscono soltanto un quarto dei seggi alla Camera dei deputati. Quanti potranno conquistarne, sempre da soli, i margheriti? Non lo so e non m’interessa saperlo, perché non è dal proporzionale che nasce un governo degno di questo nome, ossia stabile ed efficiente.

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Ma allora perché a tanti elettori di centro-sinistra fumano i santissimi per la mossa di Cicciobello, di Marini e del redivivo Ciriaco? È dal giorno del siluro sparato contro l’Ulivo dai margheriti che incontro gente imbufalita. Gente che mi chiede: come mai quelli là hanno fatto questa schifezza? Li ho incontrati persino alla Prima Comunione di mia nipote. Sul piazzale della chiesa, mi hanno fermato, ciascuno per proprio conto, quattro padri di famiglia. E tutti e quattro, chi dispiaciuto, chi allarmato, chi imbestialito, mi hanno rivolto la stessa domanda.

Nel mio piccolo, penso di aver capito la ragione del terremoto scatenato dai margheriti. Da almeno una dozzina d’anni, dopo Tangentopoli, la gran parte degli elettori italiani ha scoperto di non poterne più del sistema dei partiti nato con la Prima Repubblica e che, via via, si era andato degradando. E ha guardato con interesse ai tentativi di riformare la politica. Nel 1994, Silvio Berlusconi ha vinto sull’onda di questa speranza e dopo aver creato un movimento nuovo, Forza Italia. Nel 1996, Romano Prodi ha conquistato il governo per lo stesso motivo, grazie a uno strumento anch’esso nuovo, l’Ulivo, embrione di una forza politica mai vista da noi: il Partito Democratico.

Dopo la sconfitta del 2001, Prodi ha ripreso in mano quel tentativo fallito. Lo ha fatto non da solo, certamente, ma con l’aiuto dei Ds, della Margherita, dei socialisti e dei repubblicani. È nata la Federazione dell’Ulivo e, intorno, si è formato l’anello più vasto dell’Unione. Alle elezioni europee la Fed si è comportata bene, con il 31 per cento dei voti, mica pochi in un paese dai troppi partiti come il nostro. Poi, giorno dopo giorno, il cancro del partitismo ha ricominciato a corrodere l’albero dell’Ulivo.

Credo che il ritorno di questa malattia sia stato favorito proprio dalle ripetute vittorie elettorali del centro-sinistra. I partiti dell’Unione hanno di nuovo sentito il profumo del potere. Si sono ingolositi. E hanno deciso che era meglio badare all’interesse della propria parrocchia invece che a quello dell’Ulivo o dell’Unione. Con una vera marcia all’indietro rispetto al sogno e al progetto coltivato da Prodi.

Ad attestare il ritorno del ‘mi faccio i cavoli miei’ sono poi emersi alcuni casi che non potevano sfuggire agli elettori. Ne volete uno, da manuale? L’elezione dei nuovi consiglieri d’amministrazione della Rai: tutti lottizzati e tutti fieri di esserlo. A cominciare dal più grottesco, Sandro Curzi. Un sempre a galla che, fin dalle prime interviste, si è vantato di aver ricevuto la poltrona dal suo partito, Rifondazione comunista, e ha pensato bene di attaccare Prodi.

La rinascita di un cadavere che ci eravamo illusi di seppellire ha visto anche il ritorno di un’abitudine miserabile: quella degli sputi in faccia tra alleati che dovrebbero, come minimo, rispettarsi. Sono rimasto di sasso leggendo sulla ‘Stampa’ un’intervista di Federico Geremicca a De Mita. La cosa più gentile che Ciriaco ha detto di Prodi è la seguente: Romano avrà pure attitudini di governo, “ma con la politica ha le stesse difficoltà che ho io a parlare fiorentino”.

Insomma, come ammoniva il vecchio Carlo Donat-Cattin, capo della sinistra democristiana, è ricominciato il tempo dell’uccello padulo che vola all’altezza del culo. Volgare, ma efficace, no? In questo clima, la mossa della Margherita è stata vista come la prova regina che stiamo ripiombando nel passato. Invece di uno per tutti e tutti per uno, il motto dell’Unione rischia di essere: tutti contro tutti. Tanto è vero che il Parolaio Rosso (cito ‘l’Unità’) ha subito dichiarato: “Sulla rottura facciamo crescere il progetto di una sinistra radicale”.

Se questo clima fetido non verrà dissolto, che cosa accadrà in un ipotetico governo dell’Unione? Prodi non rischierà di essere un presidente travicello, prigioniero di una banda di boiardi rissosi? Adesso l’unico che può metterci una pezza è proprio il Professore. Gli auguro di non lasciarsi prendere dall’orgoglio, dalla stizza e dal rancore. E faccia suo il motto: troncare e sopire. Ossia, smussare gli angoli e trovare del buono anche in una sbobba che sembra soltanto cattiva. Qui si vedrà la sua statura di leader. In caso contrario, tanti elettori, stufi di turarsi il naso, cominceranno a domandarsi: ma perché dobbiamo votare per l’Unione? Confesso che comincio a chiedermelo anch’io.

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