Mentre la curva dei contagi da coronavirus mostra i primi segnali di stabilizzazione, il governo inizia a ragionare sulla fase due dell’emergenza sanitaria, quella della riapertura graduale dell’Italia.
Come ha spiegato il premier Giuseppe Conte, durante la conferenza stampa di ieri, si tratta in pratica di quello che viene considerato un periodo di “convivenza con il virus”. Una fase in cui progressivamente saranno adottate misure meno restrittive rispetto a quelle attuali. Poi ci sarà la fase 3, l’uscita dell’emergenza, della ricostruzione, del rilancio.
Che cosa sappiamo della fase due?
Per ora la data di inizio è incerta. Tutto dipende dai dati sui contagi in arrivo nelle prossime settimane. Quello che al momento appare probabile è che questa fase potrebbe essere caratterizzata da un test di massa per scoprire chi si è già immunizzato perché ha già avuto il Covid 19 e magari neanche se ne accorto.
Ieri Conte ha spiegato che
“lo sforzo che stiamo facendo ci consentirà di valutare una prospettiva. Nel momento in cui il consiglio degli esperti ce lo permetterà cominceremo con l’allentamento delle misure. Non posso dirvi se sarà dal 14 aprile, non sono ancora nelle condizioni di farlo. Valutando quello che succederà, inizieremo a valutare la prospettiva di una fase 2, quella della convivenza con il virus, per poi entrare nella fase 3 che è quella dell’uscita dell’emergenza con il ripristino delle attività lavorative e sociali”.
Per passare alla fase due, appare dunque necessario lavorare sui test sierologici, molti ancora non proprio affidabili. Si tratta in pratica di esami rapidi del sangue che identificano la presenza di anticorpi al virus e quindi se il contagio è già avvenuto con la conseguente immunizzazione.
Questi test potranno aiutare ad avere un’idea più chiara sul numero di persone che hanno avuto il virus in Italia, oltre ai casi diagnosticati.
Lo scopo è quello di definire se una persona è stata colpita dal virus, anche inconsapevolmente, e quindi per un certo periodo di tempo è immune. Dati cruciali se si vuole ripartire.
Borrelli: in casa almeno fino al primo maggio
Per ora stando alle indicazioni arrivata dal Capo della Protezione Civile Angelo Borrelli, la parola d’ordine resta rigore. Dopo Pasqua e Pasquetta, anche il 1 maggio lo passeremo chiusi in casa?
“Credo proprio di sì, non credo che passerà questa situazione per quella data. Dovremo stare in casa per molte settimane” ha detto Borrelli, su Rai Radio 1. Il Coronavirus, ha aggiunto, “cambierà il nostro approccio ai contatti umani e interpersonali, dovremo mantenere le distanze” per diverso tempo.
“Sostanzialmente siamo in una situazione stazionaria. Diminuiscono il numero dei nuovi ricoverati, di chi va in terapia intensiva, aumenta il numero totale dei guariti, aumenta in nuovo contenuto dei positivi e, in qualche modo, anche il numero dei deceduti cala rispetto a qualche giorno fa. E anche i nostri ospedali e i nostri medici possono tirare un attimo il fiato” ha concluso.