Mercati

Tempesta coronavirus si abbatte sui fondi pensione, rendimenti in calo

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

L’ombra della crisi del coronavirus si allunga sui rendimenti dei fondi pensione attivi in Italia, risultati  negativi nel primo trimestre del 2020.

La comunicazione arriva direttamente da Covip, che specifica come i risultati del primo trimestre abbiano risentito delle turbolenze dei mercati e di entità tanto maggiore quanto maggiore è la quota di portafoglio investita in titoli azionari.

Nel primo trimestre, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali hanno perso il 5,2%, i fondi aperti il 7,5% e i PIP di ramo III il 12,1%. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato appena positivo (+0,4%).

“L’ultimo trimestre in rosso del comparto risale al 2018. A far girare in negativo le performance è stata la discesa dei titoli di Stato e dei listini azionari, arrivati a perdere tra il 20 e il 25%, mentre la volatilità dei mercati è risalita su livelli non registrati dai tempi della crisi finanziaria del 2008″ spiega la Commissione di vigilanza presieduta da Mario Padula.

“Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, l’impatto della crisi appare più limitato. Nei dieci anni da inizio 2010 a fine 2019, il rendimento medio annuo composto è pari al 3,6% per i fondi negoziali, al 3,8% per i fondi aperti e per i PIP di ramo III, e al 2,6 per cento per le gestioni di ramo I. Nello stesso periodo, la rivalutazione media annua composta del TFR è stata pari al 2 per cento.
Aggiungendo ai dieci anni gli ultimi tre mesi, i rendimenti medi annui composti scendono al 3 per cento per i fondi negoziali e i fondi aperti e al 2,4 per i PIP di ramo III; restano pari al 2,5 per cento i prodotti di ramo I. La rivalutazione del TFR nello stesso periodo si conferma al 2 per cento”.

In crescita il numero di posizioni

Alla fine di marzo 2020 il numero di posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari è di 9,185 milioni; la crescita nel primo trimestre, 68.000 unità (0,7 per cento), è stata limitata rispetto ai trimestri precedenti.

A tale numero di posizioni, che include anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti che può essere stimato in 8,325 milioni di individui.

I fondi negoziali registrano 32.000 posizioni in più (1 per cento), portandone il totale a fine marzo a 3,192 milioni.

L’incremento maggiore lo ha registrato il fondo rivolto ai lavoratori del settore edile, per il quale opera l’adesione contrattuale, seguito dal fondo destinato ai dipendenti pubblici, ancora peraltro caratterizzato da un livello di adesioni che rimane contenuto rispetto alla platea potenziale.

Nelle forme pensionistiche di mercato, i fondi aperti contano 1,570 milioni di posizioni, crescendo di 19.000 unità (1,2 per cento) rispetto alla fine del 2019. Per i PIP “nuovi” il totale delle posizioni è di 3,437 milioni, in aumento di 18.000 unità (0,5 per cento).

Le risorse in gestione

Le risorse destinate alle prestazioni a fine marzo 2020 sono pari a circa 180 miliardi di euro; peraltro il dato non tiene conto delle variazioni nel trimestre dei fondi preesistenti e dei PIP “vecchi”.

Il patrimonio dei fondi negoziali, 53,7 miliardi di euro, risulta in diminuzione del 4,3% rispetto a fine 2019. Nei fondi aperti sono accumulati 21,6 miliardi di euro, 35 miliardi nei PIP “nuovi”; nel primo trimestre, la flessione è stata, rispettivamente, del 5,7 e dell’1,4 per cento.

Per tutte le forme, il calo delle risorse nel trimestre è spiegato in massima parte dalle perdite in conto capitale a fronte di una sostanziale stabilità dei contributi rispetto al passato. La più contenuta flessione nel caso dei PIP “nuovi” è riconducibile alla valutazione delle attività in base al metodo del costo storico che viene utilizzata per le gestioni di ramo I, che costituiscono la maggior parte del settore.