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Assogestioni rivendica l’introduzione dei nuovi Pir per la piccola impresa

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Le sfide poste dal coronavirus alle piccole e medie imprese italiane hanno spinto il governo ad accelerare sull’introduzione di una nuova categoria di Piani individuali di risparmio (Pir), che consentiranno di indirizzare il risparmio privato verso la colonna portante dell’imprenditoria italiana.
Quella di creare un Pir focalizzato sulle Pmi non quotate era una proposta lanciata lo scorso marzo da Assogestioni che, tramite il decreto Rilancio (oggi in Gazzetta Ufficiale) ha trovato applicazione in tempi rapidi.

“L’associazione è da sempre convinta che la crescita del Paese passi anche da un regime regolamentare e fiscale più favorevole”, ha commentato Fabio Galli, direttore generale di Assogestioni, “accogliamo dunque con grande soddisfazione la notizia del recepimento da parte delle istituzioni della nostra proposta per i Pir alternativi, strumenti che avvicinano ulteriormente il risparmio privato degli italiani all’economia reale”.

I nuovi Pir, che si affiancheranno a quelli già esistenti, “sono stati costruiti con l’obiettivo di far affluire risorse alle piccole e medie imprese non quotate, il cui accesso al capitale è ancora più complesso in una fase di forte pressione creata dall’emergenza sanitaria”, ha evidenziato Galli.

L’idea che ha guidato l’associazione “è quella di dare agli investitori la possibilità di partecipare alla ripresa dell’Italia”, ha aggiunto il direttore generale, sottolineando che “pubblico e privato devono unire le forze per mettere i risparmiatori in condizione di contribuire allo sviluppo dell’economia”.

I Pir “alternativi”: le maggiori novità

Ad accomunare i Pir “alternativi” con quelli pre-esistenti sono, soprattutto, i vantaggi fiscali per i risparmiatori che mantengono in portafoglio il titolo per almeno cinque anni: il maggiore incentivo è costituito dall’esenzione dall’imposta sul capital gain (che, altrimenti, tratterrebbe il 26% dell’eventuale plusvalenza messa a segno dal fondo).

Vengono innalzate, però, le soglie massime per l’investimento: sarà possibile investire 150mila euro ogni anno fino al raggiungimento del tetto di 1,5 milioni.

Cambiano, poi, i vincoli cui i gestori dovranno conformarsi: almeno il 70% del valore complessivo dovrà essere investito in strumenti finanziari emessi da imprese con stabile organizzazione in Italia diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Italia Mid Cap, nonché in crediti delle medesime imprese e in prestiti a esse erogati. Inoltre, il limite alla concentrazione degli investimenti in strumenti finanziari emessi dalla stessa impresa o da altra impresa appartenente al medesimo gruppo è previsto al 20% (rispetto al 10% dei Pir ordinari).

La struttura del fondo Pir “alternativo”, assumerà più probabilmente quella del fondo chiuso di private equity, che non quella del fondo aperto.

Cambierà, infine, il cliente di riferimento per questo genere di prodotto: dal piccolo risparmiatore retail del Pir tradizionali si passerà a un sottoscrittore “modello” decisamente più consapevole, patrimonializzato e propenso al rischio.