Questo articolo fa parte del lungo dossier “Uscire dal baratro” pubblicato sul numero di maggio del magazine Wall Street Italia
In piena emergenza Covid-19, l’Italia può contare sulla sua enorme ricchezza finanziaria privata, una cifra che supera i 4.300 miliardi di euro, il doppio del debito pubblico.
Tuttavia la ricchezza degli italiani è ingente ma in gran parte non è investita o è investita in modo inefficiente. Per circa un terzo, difatti, giace nelle banche, sotto forma di raccolta a vista (in pratica i conti correnti) pochissimo o per nulla remunerata e, anzi, costosa.
Tre gli elementi su cui può contare il nostro paese: un enorme potenziale di investimento per le famiglie, una grande necessità di recupero di competitività e di equilibrio finanziario e patrimoniale per le imprese, uno spazio molto angusto di intervento per lo Stato. Trovare una soluzione all’equazione che coinvolge i tre parametri citati, afferma Marco Giorgino Professore di Istituzioni e Mercati Finanziari, Politecnico di Milano, è possibile ma non semplice.
Oggi, per fronteggiare la crisi, per dare sostegno alle imprese, per alleggerire lo Stato da un peso insostenibile, per consentire alle famiglie di diversificare e di beneficiare del recupero delle imprese italiane, abbiamo un’occasione davvero unica: creare un meccanismo strutturale e permanente che favorisca l’afflusso di capitali privati nel sistema delle imprese piccole e medie.
L’idea è quella di un fondo di lungo termine, dai 10 ai 15 anni, che venga alimentato da una frazione irrisoria (il 2%) della ricchezza finanziaria delle famiglie italiane, che investa in fondi chiusi di investimento che entrino nel capitale di rischio delle piccole e medie imprese, prevalentemente o esclusivamente con quote di minoranza.Si creerebbe un volano di risorse enorme, di sicuro vantaggio per le imprese e per le famiglie. Basta fare le cose per bene, con etica, responsabilità, professionalità. Onde evitare fraintendimenti e strumentalizzazioni, sia chiaro che non si sta parlando di una imposta patrimoniale, che è una cosa ben diversa.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di maggio del magazine Wall Street Italia